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17/08/2017

Coldiretti e la posizione sull’olio di palma: fact checking vs fake news

 

La Coldiretti, come si legge in questo articolo, sostiene che:

 

  1. L’impennata della richiesta del burro, e quindi del prezzo di quest’ultimo, sia dovuta a una minore richiesta di olio di palma
  2. Le importazioni di olio di palma per uso alimentare, dopo essere più che raddoppiate negli ultimi 20 anni raggiungendo nel 2016 circa 500 milioni di chili, sono diminuite in Italia del 41% nei primi due mesi del 2017.
  3. Lo sviluppo enorme delle importazioni è avvenuto nonostante le perplessità sugli effetti sulla salute e le preoccupazioni sull’impatto ambientale che – precisa la Coldiretti – sta portando al disboscamento di vaste foreste, senza dimenticare l’inquinamento provocato dal trasporto a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di produzione e, naturalmente, le condizioni di sfruttamento del lavoro delle popolazioni locali private di qualsiasi diritto.

 

Analizziamo punto per punto le questioni sollevate e cerchiamo di fornire un’informazione chiara e trasparente:

 

  1. Sostenere che l’aumento del prezzo del burro sia dovuto ad un calo della domanda di olio di palma è scorretto, perché le politiche di prezzo in generale – come tutti sanno – seguono diverse variabili e, tra queste, ovviamente le scelte e le volontà dei produttori stessi (che hanno un ruolo fondamentale). Quindi è assurdo asserire che l’aumento del prezzo sia collegato al solo calo di domanda di olio di palma.
  2. I dati Eurostat però, affermano che nel 2005 l’olio di palma importato nel nostro Paese e destinato a uso alimentare ammontava a circa 325.000 tonnellate, che nel 2016 sono diventate circa 359.000[1], ovvero circa il 28% in meno di quanto dichiarato da Coldiretti (500 mila tonnellate). Qual è quindi la fonte dei dati citati?
  3. Ad oggi, nessun Istituto o Ente o Organizzazione nazionale o internazionale ha mai ritenuto di vietare o eliminare l’olio di palma dall’alimentazione. Ci sono 4 pareri a supporto:
  4. Il primo è un recente paper del Nutrition Foundation of Italy, sottoscritto da 24 esperti italiani e pubblicato da vari organismi rappresentativi delle più importanti società medico-scientifiche nazionali, nel quale la comunità medica concorda nell’affermare che l’olio di palma può fare parte a pieno titolo della nostra alimentazione e che non presenta rischi in una dieta bilanciata.
  5. Una meta analisi del 2014 realizzata dall’Istituto Mario Negri su 51 studi e ricerche scientifiche sul palma ha evidenziato che non ci sono evidenze di rischio tumorale associato al consumo di olio di palma e ha notevolmente ridimensionato il ruolo negativo degli acidi grassi saturi sull’innalzamento del colesterolo sanguigno, principale fattore di rischio delle malattie cardiovascolari.
  6. L’Istituto Superiore di Sanità afferma che: La letteratura scientifica non riporta l’esistenza di componenti specifiche dell’olio di palma capaci di determinare effetti negativi sulla salute, ma riconduce questi ultimi all’ elevato contenuto di acidi grassi saturi dell’olio di palma rispetto ad altri ingredienti alimentari”
  7. Infine il Parere dell’EFSA – citato nel testo – afferma che “Non sono stati identificati dati rilevanti relativi alla tossicità di questo ingrediente” (l’olio di palma). La stessa EFSA sta inoltre rivedendo il suo studio circa i livelli di contaminanti tollerabili per l’uomo, alla luce delle più recenti e rassicuranti indicazioni fornite in merito da FAO e OMS Pertanto, citando il parere del 2016, si fa riferimento a uno studio ancora non definitivo.
  8. L’olio di palma è tra gli oli vegetali quello più sostenibile in assoluto (sia per l’utilizzo di suolo che per la minore richiesta di pesticidi, fertilizzanti, acqua, energia): quindi l’eventuale sostituzione con il burro porta a un maggior impatto sull’ambiente[2]. A supporto della nostra posizione citiamo un recente studio di Climate Focus, che dimostra che:
  9. la produzione di olio di palma impatta sull’ambiente meno dell’allevamento e di altre colture come, mais e soia
  10. A oggi la filiera dell’olio di palma è quella che più si è impegnata per adottare criteri di sostenibilità
  • Le grandi ONG internazionali che si battono da anni per l’ambiente sostengono che il boicottaggio non è la soluzione e che è possibile produrre olio di palma senza deforestare, esortando i consumatori a richiedere ai loro marchi di riferimento di approvvigionarsi solo con prodotto certificato sostenibile.
  1. I progressi compiuti in questi anni per garantire la sostenibilità dell’olio di palma sono innegabili. Oggi la coltivazione dell’olio di palma rappresenta per i maggiori Paesi produttori una risorsa economica fondamentale, fonte di reddito per milioni di famiglie che grazie all’olio di palma riescono a garantire un futuro ai propri figli, uscendo dalla soglia di povertà. L’Europa ha quindi il dovere di accompagnare questi Paesi verso una crescita sostenibile di questa filiera, cercando di essere parte della soluzione dei problemi, cosi come affermano le ONG. In questo brevissimo video sono riassunte le posizioni di Greenpeace, WWF, Conservation International, EPOA e quelle della Segreteria della Dichiarazione di Amsterdam, al di là dei casi particolari.

 

E’ arrivato il momento di mettere da parte le guerre commerciali e le strumentalizzazioni e di occuparsi seriamente di tutela dell’ambiente e delle persone, sostenendo lo sviluppo di una filiera produttiva al 100% sostenibile e non solo dell’olio di palma.

 

Come Unione invitiamo ad ascoltare l’appello delle ONG – come WWF International, Greenpeace e Conservation International – che si battono per promuovere la produzione e il consumo esclusivi di olio di palma certificato sostenibile e condannano il boicottaggio. Le imprese aderenti all’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile (Ferrerò, Nestlé, Unigrà e Unilever) si sono da tempo impegnate a seguire criteri sempre più stringenti di sostenibilità.

Anche la sottoscrizione da parte del Governo italiano – nella figura del Ministro Galletti – della Dichiarazione di Amsterdam va in questa direzione. La firma della Dichiarazione impegna il nostro Paese e altri 6 governi europei a promuovere, tra le altre cose, iniziative volte ad assicurare una filiera dell’olio di palma 100% sostenibile entro il 2020 e a migliorare costantemente i criteri di sostenibilità.

 

[1] Dato elaborato dalla somma delle seguenti voci doganali: 15111090 (olio di palma grezzo) e 15119099 (olio di palma raffinato a uso alimentare)

[2] A titolo di esempio citiamo lo studio recente (2016) del governo USA nel quale si legge che la produzione lattiero-casearia richiede un elevato consumo di acqua potabile (422 miliardi di metri cubi di acqua per gli allevamenti di cui il 19% destinato alla produzione lattiero-casearia). Così come secondo l’Environmental Working Group, organizzazione non governativa statunitense, la produzione di formaggio è il terzo responsabile delle emissioni globali di gas serra dopo quello immesso per la produzione di carne di agnello e manzo.