Olio di palma e ambiente

In un contesto mondiale con popolazione crescente – soprattutto nei paesi emergenti – con una sempre maggiore disponibilità economica e desiderosa di emulare modelli di consumo di tipo occidentale, la produzione dell’olio di palma è destinata ad aumentare rispetto agli altri oli vegetali per via della sua maggiore produttività, caratteristica fondamentale in un mondo povero di terre.

La palma da olio ha una resa media di 3,47 tonnellate per ettaro: 5 volte più della colza (0,65 t/ettaro), 6 volte di più del girasole (0,58 t/ettaro), addirittura 9 volte più della soia (0,37 t/ettaro) e 11 (0,32 t/ettaro) rispetto all’olio di oliva. Questo significa che oggi la palma da olio si “accontenta” di 17 milioni di ettari di terreno per fornire il 35% del fabbisogno mondiale di olio vegetale. Mentre servono ben 111 milioni di ettari perché la soia garantisca appena il 27% del fabbisogno globale.

Malesia e Indonesia sono i più grandi produttori di olio di palma al mondo. Circa l’86% della produzione mondiale arriva proprio dai due Paesi del Sud-Est asiatico, dove questa coltura assicura lavoro e sussistenza economica a milioni di persone. Il resto della produzione è assicurato da alcuni Paesi dell’Africa e del Sud America.

La crescita dei volumi produttivi dell’olio di palma ha d’altro canto avuto un forte impatto in termini di conversione delle foreste, perdita di biodiversità e lesioni dei diritti delle comunità nei suoi maggiori paesi produttori, posizionati nella fascia tropicale.

 

Obiettivo condiviso: 100% di olio di palma sostenibile entro il 2020

In tale contesto si segnala come l’industria italiana, soprattutto in alcuni settori strategici come quello alimentare, rappresenti un’eccellenza in termini di attenzione alle criticità legate alla produzione dell’olio di palma e ambiente. Infatti, in Italia le principali aziende utilizzano già olio di palma certificato RSPO (Round Table Sustainable Palm Oil). Il settore dolciario, ad esempio, utilizza, già oggi, olio di palma certificato sostenibile RSPO per circa il 70%.

La Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO), è stata fondata nel 2004, con l’obiettivo di gestire le problematiche ambientali e sociali. Oggi RSPO è una associazione multi-stakeholder che raccoglie più di 2.400 membri tra produttori, aziende di beni di consumo, grande distribuzione e associazioni ambientaliste. (www.rspo.org). Negli ultimi anni si è fortemente sviluppata l’esigenza di rendere ancora più stringenti le regole per minimizzare gli impatti della produzione dell’olio di palma.  In tale contesto , si inserisce ad esempio il Palm Oil Innovation Group (POIG), iniziativa che – partendo dai requisiti di RSPO – mira ad applicare criteri più stringenti a protezione delle foreste e delle comunità (http://poig.org/). Insieme ad alcuni produttori e aziende di beni di consumo, sono 9 le associazioni ambientaliste che aderiscono al POIG – tra queste Greenpeace, WWF e Rainforest Action Network. L’obiettivo è quello di promuovere pratiche di sostenibilità della filiera dell’olio di palma sempre più rigorose.

Le aziende utilizzatrici di olio di palma che attualmente (febbraio 2016) aderiscono all’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile utilizzano olio di palma certificato RSPO e intendono arrivare al 100% di olio di palma sostenibile entro il 2020 secondo i criteri definiti dall’Unione stessa, più stringenti rispetto a quelli RSPO qui di seguito descritti.

L’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile definisce l’olio di palma sostenibile come segue:

  • olio con origini conosciute e quindi tracciabili;
  • olio prodotto senza convertire foreste e nel rispetto degli ecosistemi ad alto valore di conservazione;
  • olio prodotto con pratiche colturali rispettose delle foreste ad alto valore di carbonio;
  • olio prodotto con pratiche agricole atte a preservare le torbiere;
  • olio non proveniente dalla conversione in piantagioni di aree sottoposte ad incendi volontari;
  • olio che protegge i diritti dei lavoratori, popolazioni e comunità locali, rispettando il principio del consenso libero, preventivo e informato;
  • olio che promuove lo sviluppo dei piccoli produttori indipendenti.

 

Nella sostanza, i membri dell’Unione si sono impegnati ad utilizzare esclusivamente olio di palma certificato RSPO – come primo step – entro il 2016, prefiggendosi di utilizzare olio di palma sostenibile secondo i migliori standard disponibili, corrispondenti alla definizione sopra riportata, entro il 2020.

 

Perché anche WWF Italia dice no al boicottaggio (e sì alla strada della certificazione)

Approvvigionarsi con olio di palma certificato sostenibile significa puntare su controlli tali da garantire tutela del territorio e rispetto per l’ambiente e le comunità. Proprio la via della certificazione appare oggi l’unica soluzione possibile per mantenere inalterato l’ecosistema dei Paesi produttori. Questa è anche la posizione di WWF Italia che invita i consumatori a non boicottare l’olio del frutto di palma (così si favorirebbero solo oli vegetali alternativi spesso con un impatto maggiore dal punto di vista ambientale) ma a chiedere ai propri marchi di riferimento di approvvigionarsi con olio certificato sostenibile.

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