News

07/05/2019

Fake news ambientali: Maria Vincenza Chiriacò (CMCC) spiega il grande inganno del “senza” dal punto di vista della sostenibilità

 

La Dott.ssa Maria Vincenza Chiriacò, ricercatrice ed esperta di sostenibilità ambientale del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), è stata intervistata dalla testata giornalistica Icona Clima a proposito del legame tra sostenibilità, cibo e informazione del consumatore.

Illustrando i risultati del recente convegno di ForFreeChoice Institute – Fake news e bufale nelle etichette alimentari; il grande inganno del “senza” – a cui ha partecipato in qualità di speaker, la Dr.ssa Chiriacò osserva che dietro il claim “senza”, usato sempre più frequentemente, si nasconda spesso una scarsa consapevolezza da parte dell’acquirente di quel che sta comprando.

Un caso emblematico è rappresentato dall’etichetta “senza olio di palma”. Il consumatore è portato a considerare i prodotti “senza olio di palma” più rispettosi dell’ambiente, ma le cose non stanno proprio così, come spiega la ricercatrice.

“Su molti prodotti del settore agroalimentare italiano abbiamo visto comparire il claim “senza olio di palma”. Dal punto di vista ambientale, questo però non vuole dire niente. Si tratta praticamente di una non-informazione. Dovremmo chiederci, invece, questo: l’olio di palma è stato sostituito con qualcosa? Se sì, con cosa è stato sostituito? Dovremmo andare a vedere qual è l’impatto ambientale dell’olio di palma e confrontarlo con l’impatto ambientale dell’olio o del grasso col quale è stato sostituito.”

La ricercatrice ricorda che oggi esistono diversi indicatori sviluppati dalla scienza per misurare gli impatti della produzione del cibo: la Carbon Footprint, che misura le emissioni di gas a effetto serra, la Water Footprint, che dice quanta acqua viene consumata o inquinata, e l’Ecological Footprint, che evidenzia invece quanta terra o risorse in generale sono necessarie per produrre un determinato prodotto alimentare. Purtroppo questi indicatori spesso non vengono poi tradotti sulle etichette. Oggi si parla quasi esclusivamente di trasporto (“prodotto a km zero”), ma non di molto altro.

“Quindi spostandoci su un altro olio, che va a sostituire l’olio di palma (come l’olio di colza, di girasole o di mais o altri), si può correre il rischio di dover avere ancora più terra a disposizione. Utilizzando altri oli al posto dell’olio di palma, probabilmente andremmo a spostare, e forse ad amplificare, il problema.”

 

Leggi l’intervista completa qui: