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13/12/2018

GREENPEACE PLAUDE L’IMPEGNO DI WILMAR E CHIARISCE CHE IL BOICOTTAGGIO DELL’OLIO DI PALMA E’ CONTROPRODUCENTE

LA “VERA” SOSTENIBILITÀ’ SI RAGGIUNGE CON I CONFRONTI COSTRUTTIVI

 

Recentemente Greenpeace si è “distinta” a livello internazionale per un susseguirsi di azioni dimostrative contro l’olio di palma che hanno ottenuto una particolare visibilità.

L’ultima azione si è verificata proprio in Italia nei giorni scorsi, davanti allo stabilimento di una nota multinazionale alimentare utilizzatrice di olio di palma, accusata di approvvigionarsi da un trader colpevole di annoverare tra i suoi fornitori alcuni produttori di materie prime implicati in casi di deforestazione. La campagna è stata subito ripresa e strumentalizzata da diversi media, favorendo così la diffusione di messaggi assolutamente non corretti, che inducono istintivamente i consumatori, soprattutto i meno informati, al boicottaggio tout-court dei prodotti contenenti questa materia prima e rafforzando la posizione e l’immagine di aziende che hanno scelto il boicottaggio invece dell’impegno sul campo in azioni collaborative.

Ma, come ha chiarito anche Greenpeace in un video postato su Twitter,  il boicottaggio di prodotti contenenti l’olio di palma non è la soluzione per fermare la deforestazione, perché l’olio di palma verrebbe sostituito dallo sfruttamento intensivo di altre colture oleaginose con impatti ambientali che potrebbero essere addirittura peggiori. Peccato che questo non emerga chiaramente sui media. (Rapporto IUCN)

 

Le ONG dovrebbero sfruttare la propria influenza per stimolare e supportare la filiera dell’olio di palma al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità che si è prefissata e che sta progressivamente raggiungendo. Purtroppo, come avevamo già avuto modo di osservare in relazione alla campagna di Iceland Foods, azioni dimostrative come quelle condotte ultimamente, alimentano incomprensioni e possono essere facilmente strumentalizzate se non si operano le opportune distinzioni tra olio di palma sostenibile e convenzionale.

E’ di questi giorni la notizia che proprio la multinazionale oggetto dei recenti attacchi da parte di Greenpeace, Wilmar, il principale trader di olio di palma al mondo, a completamento della sua strategia NDPE, ha presentato un nuovo piano d’azione, con il quale si impegna a mappare entro la fine del 2019 tutte le piantagioni dei propri fornitori e a monitorare, attraverso l’uso di satelliti ad alta risoluzione, quanto accade nelle concessioni ed a sospendere i produttori che nel corso del monitoraggio saranno collegati a deforestazioni, land grabbing o sfruttamento dei lavoratori.  Saranno inoltre avviate opportune azioni di engagement e supporto per stimolare l’operatore ad adeguare le proprie policy per poter essere nuovamente integrato. Greenpeace stessa ha definito questo piano una svolta e ha deciso di sospendere la campagna.

Come si legge nello statement di Wilmar “È solo attraverso tali azioni collaborative e multi-stakeholder che possiamo garantire che l’intera industria dell’olio di palma si muova verso impegni di sostenibilità a lungo termine e obiettivi che si traducono nella certezza di catene di approvvigionamento prive di deforestazione.”

Le aziende alimentari che fanno capo all’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile si distinguono già per l’utilizzo esclusivo di olio di palma certificato sostenibile e per aver abbracciato con impegno le politiche NDPE con l’adozione e l’implementazione di piani analoghi.

Secondo le ultime stime in Italia oggi il 100% dell’olio di palma utilizzato nell’industria alimentare può essere considerato prodotto in modo sostenibile e nel rispetto della policy NDPE, e circa il 43% è certificato RSPO.

Considerando anche gli altri settori, inclusi gli usi energetici, tutti già certificati sostenibili per legge da ISCC, la quota di olio di palma convenzionale è stimabile intorno al 12% circa.

Per il raggiungimento dell’obiettivo “100% olio di palma sostenibile”, sottoscritto insieme agli altri Paesi firmatari della Dichiarazione di Amsterdam, sarà quindi importante coinvolgere e sensibilizzare anche altre categorie di utilizzatori di olio di palma (per es. cosmetica, prodotti di igiene personale e di pulizia). Precisiamo infatti che l’industria alimentare italiana utilizza poco più del 20% dell’olio di palma importato.

L’olio di palma sostenibile è una risorsa chiave per soddisfare le crescenti esigenze alimentari, per proteggere la biodiversità e per sostenere lo sviluppo socio-economico dei paesi produttori, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs). Solo con un confronto serio e costruttivo e con la collaborazione di tutti – produttori (grandi e piccoli), utilizzatori, organizzazioni non governative, governi – l’obiettivo di olio di palma sostenibile al 100% può diventare realtà.