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06/09/2019

Stop alle campagne denigratorie: anche Indonesia e Malesia bandiscono il claim “senza olio di palma”. E l’Italia?

 

  • Indonesia e Malesia: basta alla disinformazione commerciale, vogliamo tutelare i nostri cittadini
  • In Italia manca una presa di posizione risolutiva: sono ancora troppe le aziende che sfruttano il claim nella totale indifferenza delle autorità

 

Dopo gli Stati Uniti e la Turchia – anche l’Indonesia e la Malesia intervengono per eliminare dagli scaffali i prodotti che presentano il claim “senza olio di palma”.

La prima a muoversi è stata l’Indonesia: il governo di Jakarta, esortato dall’Associazione indonesiana dei produttori di olio di palma (GAPKI), ha chiesto a produttori e importatori di eliminare del tutto il claim. E anche l’associazione dei distributori al dettaglio si è allineata allinea alle indicazioni governative.

Un intervento decisivo contro una pratica commerciale scorretta che prevede l’uso del claim per indurre il consumatore a credere che i prodotti senza olio di palma siano migliori, più salutari e sostenibili. In realtà, è stato ormai ampiamente dimostrato che si tratta di un messaggio ingannevole e privo di fondamento scientifico.

L’agenzia governativa che ha emesso il divieto – la National Drug and Food Control Agency (BPOM) – ha dichiarato che il claim “senza olio di palma” ostacola fortemente il paese nei suoi sforzi di sviluppo dell’industria locale.

Penny Lukito – Capo di BPOM – ha affermato: “Nel corso di un incontro tra BPOM, il ministro del Commercio, il ministro della Salute, il ministro dell’Industria, il ministro dell’Agricoltura e altre entità coinvolte nel settore, abbiamo deciso di impegnarci a proteggere la competitività del commercio dell’olio di palma indonesiano. E’ compito del governo proteggere l’industria locale”.

Grazie alla decisione del governo di Jakarta, i consumatori indonesiani sono finalmente tutelati contro la disinformazione commerciale.

Tutum Rahanta, vice presidente dell’associazione dei distributori indonesiani (Aprindo), ha dichiarato che gli stessi collaboreranno con le autorità.

“Se l’obiettivo delle etichette era quello di screditare (l’olio di palma), penso che sia giusto per l’Indonesia proteggere il suo prodotto principale con le proprie regole”, ha dichiarato alla Reuters. “Noi come rivenditori seguiremo le regole”.

Seguendo le orme dell’Indonesia, anche Mydin – la più grande catena di supermercati della Malesia – ha deciso di bandire dai propri punti vendita i prodotti contrassegnati dall’etichetta “senza olio di palma”, mentre il Governo malese starebbe valutando l’introduzione di una nuova legge per impedirne l’importazione nel Paese dando cosi carattere normativo ad una pratica gia’ esistente atta a rimuovere dagli scaffali dei negozi, in caso di segnalazione, i prodotti che riportino sulle etichette le frasi incriminate.

“Dobbiamo sostenere l’olio di palma, ma dobbiamo anche assicurarci di contrastare i messaggi subliminali, gli esercizi di marketing e di branding che in molti fanno per suggerire ai clienti di non consumare olio di palma – ha dichiarato Ameer Ali Mydin, manager della Mydin Mohamed Holdings Bhd, la società che gestisce la catena di supermercati in questione – Etichettando un prodotto come senza olio di palma, in realtà si suggerisce alle persone che l’olio di palma fa male”.

Il ministro dell’Industria malese – Teresa Kok – ha accolto con favore la scelta della catena Mydin e ha auspicato che altri punti vendita seguano la stessa linea.

 

E l’Italia?

 

Nonostante il Ministero dello Sviluppo Economico abbia chiarito in una risposta scritta ad un quesito dell’Unione che chi utilizza il claim dovrebbe fornire la prova di commercializzare un prodotto “migliore” in termini di nutrizione\salute\impatto ambientale, in linea con le attese dei consumatori e secondo le regole del Codice del Consumo e che le Autorità sono chiamate a controllare, e nonostante diverse aziende stiano progressivamente abbandonando il ricorso al claim “senza olio di palma” o smorzando i toni, sono ancora molte le aziende che si avvalgono di questa leva di marketing, nell’indifferenza delle autorità preposte alla tutela dei consumatori e della concorrenza.

Ma anche nel nostro paese, che ha dato il via alla moda del “senza olio di palma” in Europa, si registrano i primi segnali incoraggianti, stimolati anche dalle importanti prese di posizione di esperti e opinon leader, che sempre più spesso indicano quello dell’olio di palma come uno dei casi piu evidenti di “fake news” degli ultimi anni.

La stessa AGCOM – nel suo rapporto “Le strategie di disinformazione online e la filiera dei contenuti fake” – scriveva già nel 2018:

“Le strategie di disinformazione commerciale fondano il loro successo sull’individuazione di temi sensibili per i consumatori e sulle modalità di presentazione del messaggio mediante i contenuti fake di cui si servono. L’elemento centrale è suscitare l’emotività e le preoccupazioni più profonde dei consumatori per attrarne l’attenzione e promuovere, in tal modo, la propagazione dei contenuti di disinformazione. Questa logica, peraltro comune anche agli altri fenomeni di disinformazione, e soprattutto quelli con motivazioni politico-ideologiche (cfr. infra, par. 6), è stata applicata a diversi prodotti, mescolando, talvolta, questioni e motivazioni di natura economica con quelle ideologiche (ad esempio nelle campagne contro l’olio di palma e il latte vaccino).”

Recentemente, l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria ha ordinato il blocco di una campagna radiofonica che utilizzava il claim “calma calma non c’è olio di palma”, giudicandola denigratoria.

Dalle ultime rilevazioni dell’Osservatorio Immagino emerge inoltre un forte rallentamento del trend di crescita dei prodotti “senza olio di palma”: da incrementi a due cifre registrati nel 2017 siamo passati ad un 3,8% nel 2018.

Si tratta di importanti segnali positivi che riflettono una maggiore consapevolezza da parte del consumatore e delle autorità. Come nel resto d’Europa, però, mancano ancora interventi risolutivi.

L’abbandono definitivo del claim “senza olio di palma” sarebbe una vittoria per il libero mercato e la concorrenza leale e per la filiera dell’olio di palma sostenibile – che tanto investe in qualità, sicurezza e sostenibilità ambientale e sociale – e, soprattutto, per i consumatori. Come dimostrano diversi studi, i prodotti “senza olio di palma” non sono infatti necessariamente più salutari e più sostenibili come si vuol fare intendere.

In attesa di una ferma presa di posizione da parte delle Autorità competenti, ricordiamo che il boicottaggio dell’olio di palma non è la soluzione da perseguire per fermare la deforestazione e migliorare le condizioni di vita delle comunità locali dei paesi produttori.