La coltivazione di olio di palma, cruciale per l’economia di molte regioni tropicali, è spesso associata a pratiche agricole che hanno impatti negativi sugli ecosistemi, […]
L’alleanza per raggiungere il 100% dell’olio di palma certificato sostenibile […]
Si stima che la produzione di olio di palma crescerà almeno di un +40% da qui al 2050. La ragione sta nel fatto che nel 2050 la popolazione mondiale supererà i 9 miliardi di persone con un conseguente aumento della domanda mondiale di cibo (+70% secondo la FAO). Se pensiamo quindi che in un'alimentazione equilibrata i grassi dovrebbero fornire intorno al 30% delle calorie totali quotidiane, è facile immaginare che la domanda di olio di palma possa crescere a livello globale. (Fonte: How much palm oil do we need? R.H.V. Corley)
Partiamo da una constatazione. Quello di palma è oggi l'olio vegetale più esportato al mondo: rappresenta infatti ben il 60% del totale export (fonte Foreign Agricoltural Service / USDA, dicembre 2015). Venti anni fa i volumi erano molto più bassi. Parliamo di una fetta di mercato molto interessante. Sono in gioco forti interessi commerciali concorrenziali, legati a un business già oggi rilevante e destinato a crescere ulteriormente nell'arco del prossimo decennio.
L'industria alimentare lo sceglie per alcune caratteristiche che solo questo ingrediente può garantire: la capacità è in grado di conferire ai prodotti la necessaria "croccantezza" o cremosità; ha sapore e fragranza neutri, che dunque non influenza ma esalta i sapori gusti degli altri ingredienti. È usato anche per la sua maggiore resistenza, rispetto ad altri olii vegetali, al calore e all'ossidazione, così da permettere un mantenimento delle caratteristiche organolettiche ottimali lungo tutta la vita del prodotto consentendo così anche di ridurre gli sprechi e per alcune tipologie di prodotti l'uso dei conservanti. Inoltre l'impiego dell'olio di palma ha permesso, negli anni, l'eliminazione dei grassi vegetali parzialmente idrogenati e degli acidi grassi TRANS che scaturiscono dal loro processo produttivo, considerati nocivi per l'uomo dalla comunità scientifica internazionale. L'olio di palma riveste, quindi, un ruolo centrale nella riduzione del contenuto di acidi grassi TRANS nei prodotti alimentari.
L'Istituto superiore di sanità su richiesta della Direzione Generale Igiene degli Alimenti e Nutrizione del Ministero della Salute ha recentemente pubblicato un parere tecnico scientifico "sull'eventuale tossicità dell'olio di palma come ingrediente alimentare", nel quale si osserva che:
La conclusione dell'ISS è stata che non ci sono evidenze dirette nella letteratura scientifica che l'olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono/poliinsaturi. Si conferma la necessità seguire una dieta sana e bilanciata contenendo il consumo di alimenti apportatori di elevate quantità di grassi saturi, osservando che alcune fasce di popolazione presentano una maggiore vulnerabilità: bambini, anziani, dislipidemici, obesi, pazienti con pregressi eventi cardiovascolari, ipertesi.
Il Parere dell'Istituto Superiore di Sanità è disponibile qui
La maggior parte dei grassi saturi che assumiamo nella nostra dieta viene da alimenti di origine animale e da altri olii vegetali, che non contengono olio di palma. Eliminare dalla nostra dieta gli alimenti che contengono olio di palma non è dunque la strada più efficace per contenere il consumo di acidi grassi saturi. È importante osservare una dieta bilanciata e limitare il consumo di grassi saturi in generale, ma non esistono controindicazioni al consumo di olio di palma in particolare. Le indicazioni nutrizionali sono chiare: bisogna mantenersi comunque entro il livello di assunzione raccomandato (circa il 10% delle calorie assunte - fonte Cra-Nut ex INRAN).
L'olio di palma certificato sostenibile appare oggi l'unica soluzione possibile per mantenere inalterato l'ecosistema dei Paesi produttori. Questa è anche la posizione di WWF International che invita i consumatori a non boicottare l'olio del frutto di palma (così si favorirebbero solo oli vegetali alternativi spesso con un impatto maggiore dal punto di vista ambientale) ma a chiedere ai propri marchi di riferimento di approvvigionarsi con olio certificato sostenibile.
Possono aderire all'Unione Italiana per l'Olio di Palma Sostenibile solo le Imprese che si impegnano a utilizzare o fornire olio di palma sostenibile e le Associazioni che si impegnano a promuoverne l'impiego tra le Aziende Associate. Sono inoltre invitati ad aderire all'Unione tutti gli Istituti, le Organizzazioni, le Aziende che supportano le finalità dell'Unione.
I nostri membri si impegnano ad utilizzare unicamente olio di palma certificato RSPO entro il 2016 e ad utilizzare entro il 2020 olio di palma sostenibile secondo i criteri definiti dall'Unione stessa, più stringenti rispetto a quelli attualmente previsti da RSPO.
Attualmente fanno parte dell'Unione Italiana per l'Olio di Palma Sostenibile aziende quali: Ferrero S.p.A., Unilever Italy Holdings S.r.l., Nestlé Italiana S.p.A, Unigrà S.r.l..
Inoltre, le seguenti associazioni di categoria al sistema Confindustria aderiscono in qualità di membri associati: AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane), ASSITOL (Associazione Italiana dell'Industria Olearia) e le Associazioni Prodotti e Preparazioni alimentari aderenti ad AIIPA (Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari).
L'Unione Italiana per l'Olio di Palma Sostenibile, nel perseguimento dei propri obiettivi, opera in coordinamento con le varie piattaforme ed organizzazioni nazionali ed internazionali coinvolte nella filiera, in particolare con l'European Palm Oil Alliance (EPOA).