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02/05/2018

150.000 ORANGHI UCCISI A CAUSA DELL’OLIO DI PALMA: SARA’ VERO?

 

 

Recentemente diversi media hanno diffuso la notizia che secondo uno studio recentemente pubblicato da una nota rivista scientifica le piantagioni di palma da olio sarebbero responsabili della scomparsa di 150.000 oranghi Borneo.

Si tratta dello studio Global Demand for Natural Resources Eliminated More Than 100,000 Bornean Orangutans, pubblicato sulla rivista Current Biology, secondo il quale tra il 1999 e il 2015 sono scomparsi poco meno di 150 mila oranghi del Borneo, ovvero circa la metà della loro popolazione.

Numerosi siti hanno rilanciato la notizia affermando che “la causa è attribuibile alla distruzione della foresta per implementare piantagioni di palma”.

Ma sarà davvero così? Dove finiscono i fatti e dove iniziano le strumentalizzazioni? Leggendo lo studio abbiamo scoperto che in realtà quanto riportato dai media è frutto della solita demagogica crociata contro l’olio di palma.

Se da una parte è vero che tra il 1999 e il 2015, la popolazione degli oranghi è stata dimezzata a causa di disboscamento, deforestazione o di piantagioni industrializzate, dall’altra lo studio precisa che la deforestazione dovuta alla coltivazione industriale contribuisce solo in minima parte alla scomparsa degli oranghi, specificando, in alcuni casi, anche le percentuali: solo il 7% in Kalimatan, il 2% in Sabah e meno dell’1% in Sarawak.

Questo significa che, indipendentemente da come vengono utilizzati i terreni, sono anche e soprattutto altri i fattori che contribuiscono alla perdita degli oranghi. Questa conclusione è coerente con numerosi altri studi che confermano come sia la caccia una delle cause principali dell’estinzione degli oranghi. Infatti, addentrandosi tra i dati e in alcuni casi particolari dello studio, si nota come in Kalimantan, ogni anno, siano stati cacciati o uccisi dall’uomo una media di 2.256 oranghi.

Insomma, a differenza di quanto riportato a titoli cubitali da numerosi articoli, nel testo si fa riferimento diretto all’olio di palma solo in casi sporadici.

Tra questi, vale la pena segnalare due passaggi su tutti.

  • Il primo è relativo al fatto che la deforestazione, la coltivazione di olio di palma e quella per la produzione della polpa di cellulosa contribuiscono per circa il 9% alla perdita totale degli oranghi. Ovvero 14.000 esemplari su un totale di circa 150.000.
  • Il secondo passaggio è forse più significativo: alcuni studi, infatti, hanno mostrato come gli oranghi possano coesistere pacificamente all’interno delle piantagioni di palme da olio e in quelle che producono polpa di cellulosa. Una coesistenza possibile quando le piantagioni si trovano in prossimità di foreste e quando vengono gestite correttamente.

Diventa quindi evidente che una collaborazione concreta e costante con i produttori di olio di palma e con quelli di polpa di cellulosa è fondamentale per promuovere delle linee guida che possano garantire una gestione ottimale delle piantagioni. Numerosi casi virtuosi si registrano in più parti del mondo e potrebbero potenzialmente portare benefici significativi per la conservazione della bio-diversità degli ecosistemi anche con altri tipi di piantagioni.

Nel caso dell’olio di palma, inoltre, molto si sta muovendo proprio a difesa degli oranghi: a giugno 2017 è stata presentata la Pongo Alliance, composta da grandi produttori di olio di palma e numerose ONG (Orangutan Land Trust, International Animal Rescue and Borneo Futures), che punta a portare gli oranghi al di fuori delle aree di concessione delle compagnie e salvare così 10.000 esemplari. La Pongo Alliance è la dimostrazione che la certificazione da parte di RSPO, insieme alle politiche aziendali di “no deforestazione, nessuna coltivazione sulle torbiere e no sfruttamento” hanno avuto un impatto positivo sulla sopravvivenza degli oranghi.

Come Unione, da sempre sposiamo i messaggi delle principali ONG internazionali che invitano i consumatori a non boicottare l’olio del frutto di palma ma a chiedere ai propri marchi di riferimento di approvvigionarsi con olio certificato sostenibile.