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16/07/2018

FAKE NEWS ALIMENTARI ED ETICHETTE: IL CASO DEI PRODOTTI “SENZA OLIO DI PALMA”

 

L’Osservatorio Immagino ha da poco presentato il suo terzo rapporto con il quale fotografa l’andamento dei consumi degli italiani monitorando, semestre dopo semestre, i fenomeni più rilevanti e approfondendo i trend più interessanti. Nella pubblicazione anche quest’anno troviamo un capitolo interamente dedicato alla tendenza ormai diffusa da alcuni anni: il consumo di prodotti “free from”, come il “senza glutine” o “senza olio di palma”.

Il claim “minore o assoluta non presenza” di un alimento rimane al primo posto in termini di comunicazione sul packaging. Nel 2017 il mondo degli alimenti presentati in etichetta come “free from” resta il più dinamico e quello in continua crescita. Dall’analisi dell’Osservatorio Immagino emerge che sono oltre 10 mila i prodotti alimentari che riportano sulle confezioni un claim che sottolinea l’assenza di un ingrediente oppure il basso contenuto di un nutriente. Nel 2017 le vendite di alimenti “privi di”, “senza” o “con pochi” sono arrivate a sfiorare la soglia record dei sette miliardi di euro, dopo aver messo a segno una crescita del 2,3%.

I prodotti con il claim “senza olio di palma” si posizionano al primo posto per crescita nel 2017 con un +12,9%. Non poteva essere diversamente dato che da tutti i prodotti più venduti delle marche leader in Italia è stato eliminato l’olio di palma. Anche volendo i consumatori non riuscirebbero ad acquistare altro. (Studio completo: OsservatorioImmagino)

La leva principale di questo fenomeno è che i prodotti “senza olio di palma” sono vissuti come più salutari dai consumatori, ma il claim in realtà non garantisce al consumatore un prodotto necessariamente più salutare o sostenibile rispetto ad altri. Non viene quasi mai evidenziato l’ingrediente sostitutivo quale grasso è stato usato in sostituzione dell’olio di palma e a volte si glissa abilmente sulle effettive variazioni del profilo nutrizionale.

Del resto l’olio di palma non è l’unico alimento contenente acidi grassi saturi, come precisato anche dall’Istituto Superiore di Sanità.

Anche il recente studio Dietary fats and cardiovascular health: a summary of the scientific evidence and current debate di Elena Fattore e Elena Massa, pubblicato sull’International Journal of Food Sciences and Nutrition, conferma che le quantità dei grassi acidi saturi qualsiasi essi siano devono essere inferiori al 10% dell’apporto calorico giornaliero. Lo studio inoltre afferma che le raccomandazioni dietetiche non dovrebbero basarsi sui nutrienti dei singoli ingredienti ma avere un approccio più realistico considerando le abitudini alimentari. Le raccomandazioni dietetiche che non tengono conto della dieta generale possono essere fuorvianti per le persone, che potrebbero essere indotte a modificare in modo inappropriato le loro abitudini eliminando indiscriminatamente solo alcune tipologie di alimenti senza un reale vantaggio nutrizionale e potrebbero essere aperte alla manipolazione da parte dell’industria alimentare.

Ciò è stato confermato anche dallo studio Food Quality and Preference condotto dal Politecnico Federale di Zurigo in collaborazione con EUFIC (European Food Information Council), che si è concentrato sul rapporto tra i consumatori e le informazioni relative agli alimenti come ad esempio i messaggi presenti sulle confezioni, i claim pubblicitari e le etichettature. Molte aziende utilizzano il messaggio “senza…” per attrarre nuovi clienti, ma spesso fanno disinformazione, come nel caso dell’olio di palma.

Lo studio afferma che i consumatori preferiscono gli alimenti senza un ingrediente, ma spesso non sanno se la sua eliminazione migliori effettivamente il profilo nutrizionale dell’alimento. Le aziende ricorrono al claim “senza” per presentare i propri prodotti come più salutari a volte senza informare correttamente l’acquirente.

Questo livello di disinformazione va contrastato con la divulgazione di notizie veritiere e informazioni complete.

Un interessante articolo pubblicato dalla giornalista scientifica Roberta Villa sul portale dottoremaeveroche.it (L’olio di palma fa male?), lanciato dalla FNOMCeO, Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri per combattere le fake news, parlando di olio di palma, afferma che “molte aziende hanno sostituito l’olio di palma con altri prodotti, dando grande rilievo a questa loro scelta sulla confezione. Se tuttavia, al suo posto, è usato olio di cocco o burro di cacao, che non contengono minori quantità di grassi saturi, l’atteso vantaggio in termine di salute cardiovascolare svanisce”.

Inoltre l’articolo continua citando il parere dell’Istituto Superiore di Sanità: non ci sono evidenze scientifiche del fatto che l’olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono/polinsaturi, quali, ad esempio, il burro.

Anche l’Istituto Superiore della Sanità ha recentemente istituito uno strumento divulgativo contro bufale e fake news (ISS SALUTE) che ci auguriamo possa contribuire a dissipare dubbi ed equivoci a tutela e supporto dei consumatori.