Il professor Erik Mejiaard, presidente della IUCN Oil Palm Task Force, ha presentato una interessante relazione dal titolo “Palm oil and biodiversity” in occasione dell’evento “Olio di Palma e SDGs: Nutrire il Pianeta in modo sostenibile” (7 ottobre 2020), organizzato dall’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile promosso dall’ASviS.
La Oil Palm Task Force è stata istituita nel 2016 dall’International Union for Conservation of Nature, una delle principali autorità in materia di ambiente e sviluppo sostenibile. IUCN è il più grande network globale sul tema della conservazione della biodiversità e riunisce più di 1.200 organizzazioni affiliate, delle quali 200 governative e 900 non governative e coinvolge più di 10.000 esperti in un forum neutrale per i governi, le ONG, gli scienziati, le imprese e le comunità locali per trovare soluzioni pratiche alle sfide dello sviluppo e della conservazione.
Obiettivo della Oil Palm Task Force è quello di analizzare le implicazioni dell’espansione dell’olio di palma su ambiente e biodiversità, con un approccio imparziale e oggettivo, basato su solide argomentazioni scientifiche condivise e validate da una vasta comunità di esperti, in un contesto caratterizzato da un dibattito molto polarizzato.
Citando lo studio della IUCN Oil Palm Task Force “Palm Oil and Biodiversity, A situation analisys” pubblicato nel 2018, Mejiaard riconosce che la palma da olio, come qualsiasi monocoltura che vada a sostituire aree di foresta primaria, ha inevitabilmente degli effetti sulla biodiversità, pertanto ogni valutazione non può non tenere conto degli impatti delle culture alternative.
Contrariamente alle credenze comuni, sottolinea Meijaard, a livello globale la palma da olio contribuisce per meno dello 0,5% della deforestazione a livello globale. A livello locale, la situazione varia da regione a regione. Nel Borneo malese ad esempio, la perdita di foresta causata dall’espansione della palma da olio è stata del 58%. È proprio in queste aree che si deve intervenire per favorire coltivazioni sostenibili di palme da olio.
Come è possibile intervenire in queste regioni per favorire la transizione a coltivazioni sostenibili? Per Mejiaard la soluzione non è certamente semplice e richiede uno sforzo congiunto tra governi, imprese, cittadini, e organizzazioni non governative. Esistono ad oggi casi molto interessanti che dimostrano che è possibile produrre olio di palma in modo sostenibile. Mejiaard cita, per esempio, Agropalma in Brasile. La compagnia ha infatti dedicato il 60% dei suoi possedimenti terrieri alla conservazione della fauna e della flora locale. Un secondo esempio è Anj Pt Kal, in Indonesia, che ha dedicato circa 10 mila ettari di terreno per la conservazione della popolazione di oranghi e di gibboni. Un ultimo esempio riportato è REA Kaltim, nel Kalimantan (Indonesia), che all’interno delle proprie piantagioni sta assicurando protezione dell’habitat di popolazioni di coccodrilli e oranghi.
Queste aziende spendono in progetti di conservazione dai 6-53 USD/ettaro all’anno, molto più di quanto investano i governi. Si stima infatti che i gli investimenti pubblici in questo campo di aggirano tra i 5 cents a 3 USD/ettaro di area protetta. Quindi è chiaro che i produttori possono giocare un ruolo determinante nella conservazione delle foreste e le specie che la popolano.
Altri interventi attraverso i quali le imprese possono contribuire a migliorare la sostenibilità delle piantagioni di palma da olio, ad esempio, riguardano la gestione del sottobosco, la protezione della fauna entomologica. Il miglioramento della diversità dei suoli. Tutto questo permette alle specie animali autoctone di convivere con le piantagioni. A facilitare questo approccio, la caratteristica di essere una coltura perenne (più di 25 anni) della palma da olio, che permette di investire in sostenibilità e mantenere nel tempo della stabilità dell’ecosistema, anche coinvolgendo le aziende nel contrasto al bracconaggio e la pesca illegale.
Interessante è l’osservazione degli impatti su ambiente e biodiversità dei diversi oli vegetali a parità di quantità prodotta. Meijaard ha presentato alcuni dati interessanti che conducono tutti alla medesima conclusione: l’olio di palma risulta vincente in termini di risorse impiegate, impatto sulla biodiversità, perdita di carbonio organico dal suolo per quantità prodotta.
Il professor Mejiaard ha concluso la sua relazione con una riflessione sugli scenari futuri.
L’olio di palma non ha rivali sotto il profilo della produttività per ettaro: 4-5 volte maggiore rispetto agli altri oli vegetali; minor superficie coltivata con il massimo rendimento. E’ quindi irrealistico immaginare di cessarne la produzione.
La IUCN Oil Palm Task Force proseguirà il proprio lavoro di analisi degli impatti ambientali e degli aspetti legati alle implicazioni socio-economiche legate alla coltivazione di palma da olio e altre colture oleaginose.
Lo sviluppo sostenibile impone scelte strategiche che tengano conto dei diversi obiettivi e della complessità delle variabili in gioco. Bisogna prendere atto del fatto che l’olio di palma è una risorsa chiave per garantire una maggiore sicurezza alimentare e lo sviluppo socio economico. Non riconoscerlo significherebbe soltanto porre un’inutile ipoteca sul futuro di diversi milioni di persone. Lo sviluppo sostenibile si costruisce proprio partendo da valutazioni scientifiche che ci permettono di pianificare correttamente l’uso delle risorse naturali e adottare le misure e gli interventi necessari per minimizzare gli impatti che qualsiasi attività agricola ha sull’ambiente e allo stesso tempo promuovere la creazione e la conservazione di aree forestali protette anche all’interno delle concessioni stesse, coinvolgendo direttamente i produttori.
La presentazione completa del Prof. Erik Meijaard è disponibile qui
La registrazione del suo intervento è disponibile qui