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01/03/2019

L’APPROCCIO DELLA GDO VERSO L’OLIO DI PALMA: TRA CASI VIRTUOSI E CAMPAGNE INGANNEVOLI

 

 

Secondo un’indagine della BBC, i cui risultati sono stati pubblicati recentemente, le principali catene del Regno Unito acquistano solo prodotti contenenti olio di palma certificato RSPO, anche se con diversi livelli di certificazione. Obiettivo che si erano volontariamente prefissati di raggiungere entro il 2015 come parte dell’iniziativa volontaria “A Better Retailing Climate”, lanciata dal British Retail Consortium nel 2008 per migliorare la sostenibilità ambientale delle loro attività commerciali e diminuire la loro “impronta ecologica”. Si tratta di un risultato molto significativo, data la natura molto ampia e complessa delle gamme di prodotti e catene di distribuzione dei rivenditori britannici, e che riflette l’importanza che il settore attribuisce all’approvvigionamento sostenibile.

 

Purtroppo, ha fatto molta più notizia la catena di supermercati Iceland – specializzata in prodotti surgelati – con la sua campagna natalizia contro l’olio di palma. Nonostante la decisione di Clearcast, l’organo britannico di vigilanza sulla pubblicità televisiva, di vietare la messa in onda dell’animazione di Greepeace poiché il suo contenuto violava il divieto di inserire contenuti politici negli spot, per Iceland si è trattato in ogni caso di un successo: su Facebook il video è stato condiviso da più di 680 mila persone e visualizzato oltre 16 milioni di volte.

 

Ma, sempre la BBC, ha smascherato l’inganno, scoprendo e divulgando la notizia che nonostante il gran clamore in realtà la catena sta ancora vendendo prodotti a marchio Iceland con olio di palma. L’azienda, colta in flagrante, ha fatto immediatamente sapere di aver deciso di togliere il proprio marchio da 17 prodotti “incriminati” viste le difficoltà incontrate per la riformulazione. Il fatto si commenta da sé.

 

Sono diversi i distributori e le aziende alimentari europee che invece di adottare politiche di approvvigionamento sostenibili preferiscono cavalcare l’onda e boicottare l’olio di palma. Ma l’opinione pubblica, e soprattutto i consumatori, divenuti sempre più attenti, stanno cominciando ad aprire gli occhi.

 

In Spagna, ad esempio, l’ente di autoregolamentazione pubblicitaria ha condannato Trapa, produttore spagnolo di biscotti e cioccolato, per pubblicità ingannevole, per aver lanciato una campagna di comunicazione contro l’olio di palma.

 

Anche in Italia spesso un certo tipo di “marketing” ha preso il sopravvento sulla razionalità e sulla veridicità scientifica. Molte aziende, anche della GDO, infatti, hanno intrapreso la via più facile del boicottaggio, come ad esempio la COOP e Auchan.

 

Non mancano però le eccezioni, come Carrefour ad esempio, che si è posta l’obiettivo di utilizzare olio di palma 100% certificato sostenibile  entro il 2020.

 

Sicuramente questo tipo di impegno giova di più alla tutela dell’ambiente e ha molto più senso di campagne di marketing come quella lanciata da Lidl Italia dal 25 febbraio al 3 marzo, che, in realtà sono semplici azioni promozionali.

 

Mentre diversi distributori abbassano prudenzialmente i toni sull’olio di palma in linea con le grandi aziende più responsabili, Lidl promuove la “settimana del Senza Olio di Palma” –solo italiana. Ma siamo davvero cosi sicuri che gli oli e grassi sostitutivi utilizzati nei prodotti in promozione siano davvero più amici dell’ambiente?

 

Una maggiore collaborazione tra industria e distribuzione per una seria revisione delle politiche di sostenibilità sarebbe nell’interesse di tutti: è provato che il boicottaggio dell’olio di palma non sia la soluzione da perseguire per fermare la deforestazione e migliorare le condizioni di vita delle comunità locali dei paesi produttori. E probabilmente non giova nemmeno a produttori e distributori.