L’espansione della coltivazione della palma da olio è stata certamente uno dei motori della deforestazione e del degrado degli habitat naturali soprattutto in alcune parti dell’Asia tropicale e dell’America centrale e meridionale. Tuttavia il suo peso relativo sulla deforestazione totale varia molto da regione a regione ed in base alla definizione di foresta considerata e il periodo temporale analizzato.
Secondo IUCN, ad esempio nell’isola del Borneo – tra il 2005 e il 2015 – circa il 50% della perdita di foreste è stata correlata allo sviluppo della palma da olio, mentre a livello globale il peso dell’olio di palma sul totale della deforestazione tropicale è stato stimato pari al 5 %.
E’ importante sottolineare infatti che l’olio di palma è stata solo una delle cause di deforestazione, sia in Indonesia che nel resto del mondo, come mostrano chiaramente i grafici seguenti.
I dati elaborati dal World Resources Institute mostrano inoltre che a livello globale l’impatto sulle foreste dovuto all’espansione delle piantagioni di palma da olio è notevolmente diminuito gia a partire dal 2012.
Molto spesso le aree forestali abbattute sono state inizialmente destinate alla produzione di legname o altri scopi agricoli e solo successivamente, dopo alcuni anni, i terreni sono stati convertiti in piantagioni di palma da olio. Il grafico seguente mostra l’andamento della deforestazione associata direttamente all’olio di palma nel periodo 2001-2015.
Gli ultimi dati elaborati dall’Università del Mariland e pubblicati dal World Resources Institute confermano il trend negativo della deforestazione associata all’olio di palma. Indonesia e Malesia, dove si concentra l’85% della produzione, hanno fatto registrare per il sesto anno consecutivo un notevole rallentamento della perdita di foreste primarie.
Questi incoraggianti risultati sono il risultato dello sforzo congiunto di tutti gli stakeholder.
Negli ultimi anni in Indonesia e Malesia sono state adottati diversi provvedimenti governativi per combattere la deforestazione, come le moratorie permanente sulle foreste primarie e la conversione delle torbiere, la moratoria sulle concessioni per nuove piantagioni, leggi forestali più severe, controllo e prevenzione incendi e obbligo di certificazione delle piantagioni da parte degli enti nazionali (ISPO e MSPO). Tutti sforzi che stanno dando i loro frutti e che meritano riconoscimento dai mercati internazionali come sottolineano gli esperti.
Inoltre, i progressi nella lotta alla deforestazione si devono anche agli impegni NDPE (No Deforestation, No Peat, No Exploitation) assunti su scala crescente dall’industria dell’olio di palma ed agli standard di certificazione come RSPO che ora includono stringenti divieti di deforestazione e sfruttamento delle torbiere.
Anche l’ultimo rapporto di Global Canopy Forest 500 ha evidenziato l’impegno dell’industria dell’olio di palma. Tra le commodity indagate (olio di palma, legno, allevamento bovini, soia, gomma, cacao e caffè) a far registrare progressi significativi nella lotta alla deforestazione.
Nonostante le campagne di (dis)informazione negative degli ultimi anni, non solo la filiera dell’olio di palma si dimostra quindi concretamente impegnata per la transizione verso una produzione sostenibile, ma risulta essere anche la più virtuosa e la più pronta, in linea generale, ad allinearsi anche alle nuove normative comunitarie (EUDR). Ci sono alcuni gap da colmare e i margini di miglioramento sono ancora ampi, ma vanno giustamente riconosciuti gli importanti risultati conseguiti, che confermano che il settore è sulla strada giusta per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità richiesti.
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