Interviste, News

05/08/2016

Olio di palma e salute dei più giovani

 

L’intervista a Giorgio Donegani sul rapporto tra consumo  olio di palma e salute dei bambini

 

Il tema olio di palma è forse uno degli argomenti più dibattuti in Rete e sui media più in generale. In quest’ultimo periodo, la discussione si è concentrata principalmente sul fronte della salute, con diverse “voci” che hanno sostenuto la tossicità e la dannosità dell’olio di palma per l’organismo … ma sarà davvero così? I mezzi d’informazione hanno a volte amplificato il diffondersi di posizioni allarmistiche, sottolineando la presenza di rischi importanti per le fasce più giovani della popolazione. Alcune aziende (e non solo) hanno deciso di cavalcare l’onda di comunicazione, eliminando il palma dai propri prodotti. Insomma, uno scenario che rischia di creare nel consumatore molti dubbi e preoccupazioni.

Ma, come spesso succede in questi casi, non sempre le informazioni che circolano in Rete corrispondono a verità. Abbiamo chiesto a Giorgio Donegani, Dottore in Scienze delle Preparazioni Alimentari e Divulgatore Scientifico di raccontarci il suo punto di vista in merito alle ultime notizie relative a questo ingrediente, per provare una volta per tutte a fare chiarezza.

 

Qualche mese fa sono stati diffusi i risultati di analisi fatte in Italia per conto della rivista Test-Salvagente secondo la quale l’olio di palma raffinato conterrebbe quantità di contaminanti in misura ancora superiore agli altri oli e grassi, rispetto a quanto emerso dal rapporto EFSA di maggio, al punto da rendere difficile il confronto… Cosa ne pensa delle evidenze emerse dallo studio?

 

La ricerca che cita è talmente opinabile sotto il profilo della scientificità dell’approccio che, come divulgatore scientifico, non mi sono nemmeno sentito di prenderla in considerazione. Il Test-Salvagente ha analizzato la presenza di contaminanti in molti oli e grassi, negli stessi prodotti analizzati da EFSA. Dai risultati, è emerso che i valori relativi alla presenza di contaminanti nello studio Test-Salvagente erano sostanzialmente inferiori rispetto a quelli indicati nella ricerca EFSA – mi chiedo: come è possibile che i dati siano così diversi rispetto a quelli dell’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare che sono da considerarsi come gli unici attendibili? Peraltro, la stessa indagine di Test – Salvagente, nel fare il paragone sulla presenza di contaminanti tra gli oli, prende come riferimento i dati EFSA per l’olio di palma, mentre per tutti gli altri oli ha utilizzato i risultati delle proprie analisi, mettendo quindi a confronto risultati provenienti da metodologie differenti. Al di là dello stupore che mi ha prodotto il vederla comunque diffusa ed enfatizzata come riferimento attendibile, non posso fare a meno di sorridere nel vedere che i più bassi livelli di contaminanti tra i grassi destinati alla frittura, si siano registrati proprio nei prodotti con olio di palma … ma come è possibile questo se poco prima lo studio, invece, aveva affermato esattamente il contrario? Siamo nel campo della “costruzione” e della gestione dell’informazione, veicolata per ottenere precise reazioni. E sarebbe fin troppo facile in quest’ottica chiedersi come mai chi ha dato tanto spazio a questo test non ne abbia dato altrettanto al test di mercato effettuato da un ente indipendente tedesco che, analizzando 21 creme spalmabili alla nocciola, ha individuato in una crema con olio di girasole quantità di contaminanti molto superiori a quelle di creme realizzate con olio di palma (https://www.test.de/Nuss-Nougat-Cremes-Schmeckt-Nutella-wirklich-am-besten-4993834-0/?mc=kurzurl.nussnougatcreme )

 

Dal rapporto EFSA risulta che i bambini e i giovani, considerati gli attuali livelli di consumo, sono particolarmente esposti all’assunzione dei contaminanti. Su questo cosa ha da dire?

 

Dico che è un punto da considerare con la massima attenzione, ma che la questione non deve generare comportamenti irrazionali. Il principio di precauzione che è intrinseco all’agire dell’EFSA nel fissare i limiti di esposizione ai contaminanti, è di per sé una garanzia: i limiti sono fissati a quantità enormemente inferiori rispetto a quelle che si sospetta possano costituire un rischio, e non ci sono motivi per abbandonare – né l’EFSA ha mai invitato a farlo – il consumo di alimenti contenenti olio di palma. Peraltro, è assolutamente normale che negli alimenti in commercio (anche nei prodotti freschi) si trovino sostanze indesiderate, e per la maggior parte di queste sono stabiliti dei limiti di presenza massima. Per i bambini e i giovani, ancora più che per gli adulti, il miglior modo per evitare di superare i limiti concessi è sempre quello di variare la dieta, stando attenti a che sia ben bilanciata e arricchendola di frutta e verdura.

 

A proposito di bambini, è uscito recentemente anche un test pubblicato da Altroconsumo, centrato su prodotti a loro prioritariamente destinati. Il test ha suscitato molto scalpore perché nella maggior parte dei prodotti è stata effettivamente rilevata la presenza di contaminanti…

Nonostante io apprezzi in genere l’attività di Altroconsumo, devo dire che stavolta sono rimasto molto sorpreso da come questo test si sia discostato dalla corretta prassi operativa che la rivista mette solitamente in atto. La prima cosa che salta all’occhio è che sono stati analizzati solo prodotti con olio di palma e non è stato fatto alcun confronto con prodotti dello stesso tipo realizzati con grassi diversi. Non riesco proprio a capire come mai, visto che la stessa EFSA sottolinea come il problema dei contaminanti non riguardi solo il palma, ma tutti i grassi… Se lo scopo del test era dare un’indicazione orientativa per la scelta di acquisto e consumo, allora questa analisi non raggiunge il risultato.Un altro elemento di perplessità viene dall’esiguità del numero dei prodotti testati: solo tre per tipologia di prodotto. Che senso ha, sulla base di un’analisi tanto ridotta, fornire un’indicazione ai consumatori di non comprare più prodotti contenenti olio di palma? È assurdo, tanto più che, pur nell’esiguità dei numeri, si vede come alcuni dei prodotti con il palma non contengano contaminanti, a dimostrazione di come non sia il palma il vero problema… Sinceramente, occupandomi da decenni di comunicazione scientifica, mi chiedo quanto il fatto di associare il test alla richiesta di firmare una petizione, possa averne condizionato l’obiettività…

In effetti, lei non sembra essere il solo a pensarla in questo modo a proposito dell’olio di palma. Come commenta le recenti dichiarazioni dell’AIRC?

Il fatto che un’associazione importante e seria come l’AIRC (l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) abbia sentito la necessità di intervenire sull’argomento olio di palma è un segnale di quanto sia necessario tentare di riportare i termini del dibattito sui binari della verità scientifica e del buon senso, lasciando perdere approcci di tipo sensazionalistico tesi a suscitare paure incontrollate e comportamenti irrazionali. In sostanza l’AIRC non fa che dare una lettura corretta e obbiettiva delle acquisizioni scientifiche davvero attendibili:

1.sottolinea, con riferimento allo studio di EFSA, come questo evidenzi che la presenza di contaminanti riguardi tutte le sostanze grasse e dipenda molto dalle condizioni di lavorazione (in particolare dalle temperature raggiunte), peraltro in continuo progresso;

2.evidenzia come l’EFSA non chieda in alcun modo il bando dell’olio di palma perché è difficile che concentrazioni pericolose siano raggiunte con la normale alimentazione

3.conclude infine con la considerazione che è bene non abusare di cibi contenenti olio di palma, ma non c’è alcun motivo ragionevole per eliminarli del tutto.

 

Ma allora, alla luce di quanto ci ha detto, come giudica la scelta di molte aziende che hanno deciso di abbandonare l’olio di palma?

Non entro ovviamente nel merito della legittimità di queste scelte e posso senza dubbio comprenderle come conseguenza di una spinta mediatica fortissima. Le aziende devono vendere i loro prodotti per poter sopravvivere e in questo momento la scelta di abbandonare l’olio di palma in risposta a una richiesta del mercato, unita alla decisione di comunicarla come una scelta virtuosa, costituisce una leva molto forte per orientare gli acquisti. Detto questo, perfettamente consapevole che non è la presenza o meno dell’olio di palma a determinare la salubrità, la sicurezza e la qualità di un alimento, come cittadino e come tecnico che si è molto impegnato e continua a impegnarsi per la difesa e l’educazione dei consumatori, considero la decisione di queste aziende come una sconfitta della ragione e ne sono sinceramente preoccupato.