L’olio del frutto di palma è utilizzato dall’uomo come alimento da oltre 5.000 anni. Le prime testimonianze relative al suo impiego in campo alimentare risalgono infatti già ai tempi degli Egizi.
E’ costituito per il 49% circa da grassi saturi (in prevalenza acido palmitico) e per il rimanente 51% da grassi insaturi. L’acido grasso monoinsaturo maggiormente presente nella sua struttura è l’acido oleico, caratteristico, tra gli altri, dell’olio di oliva. Come tutti gli altri oli vegetali, non contiene colesterolo.
Sia i grassi saturi che quelli insaturi sono indispensabili per il buon funzionamento del nostro organismo, nel quale svolgono un ruolo energetico, strutturale e funzionale. Le linee guida nazionali ed internazionali concordano nel raccomandare che i grassi siano mediamente presenti nella dieta in modo tale da apportare una quantità non superiore al 30% della quota calorica giornaliera complessiva.
Per quanto riguarda in particolare gli acidi grassi saturi, si suggerisce di non superare il 10% delle calorie totali. Considerando una dieta media da 2000 kcal al giorno, 600 kcal (ovvero 67 g) possono derivare da grassi e, di queste, fino a 200 kcal (ovvero 22 g) possono provenire da grassi saturi.
L’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato nel 2016 un parere sulle conseguenze per la salute dell’utilizzo dell’olio di palma come ingrediente alimentare, nel quale si conferma che:
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Il CREA – Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione (che fa capo al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) ha dedicato una sezione specifica all’olio di palma nell’ultima edizione delle “Linee Guida per una Sana Alimentazione 2018” sgombrando il campo da ogni possibile dubbio circa la salubrità di questo ingrediente, chiarendo che:
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L’olio di palma può far parte della nostra alimentazione nel contesto di una dieta bilanciata. È importante non eccedere nel consumo di alimenti ricchi di grassi saturi, ma non esistono controindicazioni al consumo di olio di palma in particolare. Eliminare dalla nostra dieta gli alimenti che contengono olio di palma non è la strada per contenere il consumo di grassi saturi.
La relazione tra i grassi alimentari totali, inclusi saturi, mono e polinsaturi e transinsaturi e il rischio cardiovascolare è stata oggetto di una revisione significativa. Le più recenti indicazioni della letteratura scientifica mettono in discussione il ruolo dei grassi saturi in quanto tali nell’aumento del rischio di malattie cardiovascolari, colesterolo, obesità, diabete e sindromi metaboliche e suggeriscono che occorra piuttosto tenere conto di fattori quali la matrice alimentare, la composizione dei pasti e la distribuzione dei macronutrienti.
Per quanto riguarda nello specifico l’olio di palma diversi studi scientifici hanno confermato la neutralità dell’olio di palma sul metabolismo del colesterolo.
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L’olio di palma è composto per circa il 44% da acido palmitico, l’acido grasso più diffuso in natura, presente in molti alimenti di origine animale e vegetale ma anche nell’organismo stesso dei mammiferi, ed è presente addirittura nel latte materno.
Nel corpo umano è l’acido grasso più importante (circa il 20-30% del totale di quelli presenti nel nostro organismo, circa 3,5 kg in un uomo di 70 kg). L’acido palmitico è un componente fondamentale delle nostre membrane cellulari e degli alveoli polmonari e svolge un ruolo chiave a livello anti infiammatorio e neuro protettivo.
Attraverso gli alimenti mediamente ne assumiamo appena 20g al giorno, il resto viene prodotto dal nostro corpo in modo endogeno in quanto essenziale dal punto di vista fisiologico. L’acido palmitico è un acido grasso talmente importante per il corretto funzionamento delle nostre cellule che il nostro corpo riesce a produrlo partendo da altri acidi grassi, zuccheri o anche dalle proteine. Questo “meccanismo di controllo” interno (de novo lipogenesi) assicura che la concentrazione di acido palmitico rimanga stabile. Quindi, cambiamenti nell’assunzione di acido palmitico nella dieta di tutti i giorni difficilmente ne influenzano la quantità presente nell’organismo. In condizioni normali, il nostro corpo manterrà la concentrazione relativamente stabile. Per questo non ha alcun senso bandire l’acido palmitico dalla nostra dieta.
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Secondo la FAO, entro il 2050 il forte aumento della popolazione mondiale causerà un incremento del 70% della domanda globale di cibo. Si assisterà inoltre ad una progressiva riduzione dei consumi di grassi animali a favore di quelli vegetali, la cui domanda potrebbe raggiungere circa 250-350 milioni di tonnellate l’anno, rispetto ai 170-180 milioni di tonnellate consumate al momento.
L’olio di palma – quinta fonte di calorie nel mondo dopo riso, grano, mais e soia – assume un ruolo strategico e può essere la soluzione per soddisfare le esigenze alimentari del futuro, non solo per il suo potenziale a livello nutrizionale, ma anche in considerazione del suo contributo positivo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Agenda 2030 dell’ONU, essendo una fonte di grassi saturi di origine vegetale a minor impatto ambientale rispetto ai grassi alternativi.
In particolare, la coltura della palma da olio ha impatti positivi su SDG 2 (fame zero), SDG 3 (buona salute e benessere), SDG 8 (crescita economica) e SDG 15 (vita sulla terra) che possono essere amplificati attraverso all’adozione ed il rispetto di standard di sostenibilità ambientale e sociale sempre più stringenti, pratiche agricole responsabili ed efficienti e tecnologie innovative, che consentano di raggiungere l’obiettivo zero deforestazione e sostenere lo sviluppo socioeconomico dei paesi produttori.
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Leggi anche:
Linee Guida per una sana alimentazione 2018 – CREA, 2019
Uso alimentare dell’olio di palma. Effetti sulla salute – Nutrition Foundation of Italy