Interviste, News

21/03/2016

L’olio di palma non fa male in una dieta bilanciata – Dott. Giorgio Donegani

Ne abbiamo parlato con Giorgio Donegani, dottore in scienze delle preparazioni alimentari e divulgatore scientifico

 

Dottor Donegani, ci aiuta a capire se l’olio di palma fa male o no?
Per comprendere i termini della questione e chiarirsi finalmente le idee, è sufficiente leggere ciò che ha scritto  l’Istituto Superiore di Sanità, interrogato in proposito dal Ministero della Salute.
Nel parere emanato dallo stesso Istituto Superiore di Sanità, organismo certamente sopra le parti, è scritto chiaramente che la letteratura scientifica non riporta l’esistenza di componenti specifiche dell’olio di palma capaci di determinare effetti negativi sulla salute, ma riconduce questi ultimi all’elevato contenuto di acidi grassi saturi dell’olio di palma rispetto ad altri ingredienti alimentari.

Ma i grassi saturi sono da evitare completamente?
No, lo stesso documento specifica che la loro assunzione attraverso la dieta è necessaria anche per permettere un’adeguata crescita, soprattutto fino a due anni di vita. Gli acidi grassi saturi esercitano numerose funzioni fisiologiche: sono componenti delle membrane cellulari, regolano la comunicazione intra-cellulare, sono precursori di ormoni. La necessità di acidi grassi saturi varia in funzione dell’età ed è maggiore durante i primi anni di vita, quando i processi metabolici mediati da questa classe di nutrienti sono maggiormente attivi. A  conferma di ciò si osserva che il 40% degli acidi grassi totali del latte materno sono saturi e di questi ultimi il 50% è rappresentato da acido palmitico.

Dunque è solo una questione di quantità?
Sì, è evidente, e anche in questo caso il documento dell’ISS è molto esplicito nella sua premessa, quando afferma in sostanza che nessun alimento o ingrediente è nocivo di per sé, ma che gli eventuali effetti negativi sulla salute vanno misurati rispetto alla quantità che se ne assume, tenendo presente che comunque la valutazione degli effetti di un alimento o ingrediente deve tenere conto del regime dietetico complessivo e, più in generale, dello stile di vita dei soggetti.
Purtroppo oggi l’informazione tende spesso a deresponsabilizzare l’individuo rispetto alla propria salute, promuovendo l’idea che esistano alimenti da evitare assolutamente e presentandone altri come una sorta di panacea capace di risolvere tutti i mali. In effetti, è facile e rassicurante pensare che la responsabilità del nostro malessere non sia dovuta tanto ai ritmi di vita, alla mancanza di attività fisica o alla dieta squilibrata, e individuare altrove i “colpevoli”. Moderazione e varietà nell’alimentarsi, uniti a un giusto livello di movimento e di riposo notturno sono i principi fondamentali che da sempre sostengono il benessere. Ho apprezzato che nella campagna di comunicazione intrapresa a supporto dell’olio di palma sostenibile, si faccia riferimento diretto al concetto di  dieta bilanciata.

Ma cosa significa concretamente “dieta bilanciata”?
La SINU, Società Italiana di Nutrizione Umana, ha da pochissimo aggiornato i LARN, cioè le tabelle che indicano quali sono i livelli di riferimento per l’assunzione dei diversi nutrienti (proteine, carboidrati, grassi, vitamine, minerali…) per la popolazione italiana. Le indicazioni sono chiare: nella dieta  di ogni giorno devono essere presenti tutti i principali nutrienti calorici, e può stupire che la maggior parte delle calorie giornaliere debba essere fornita dai carboidrati (devono dare dal 45 al 60% del totale calorico) e dai grassi (dal 20 al 35%). La quota rimanente deve essere assicurata dalle proteine, senza dimenticare la necessità di introdurre anche fattori vitaminici, minerali, fibre e acqua, tutte sostanze che non danno calorie ma che sono assolutamente indispensabili per una vita sana.
Ecco: una dieta bilanciata è quella che attraverso la varietà degli alimenti e le giuste quantità di consumo riesce a garantire questa completezza nelle giuste proporzioni. Purtroppo sono molte le evidenze che indicano come la dieta odierna non rispecchi generalmente un profilo di salute ottimale e le cause sono diverse: l’ancora scarso consumo di frutta e verdura, la disabitudine a una prima colazione adeguata, l’insufficiente idratazione, l’eccessiva assunzione di sale, l’esagerato consumo di proteine animali…

L’olio di palma può essere accusato di sbilanciare la dieta?
A questo proposito, proprio rispetto al contenuto di acidi grassi saturi dei quali l’olio di palma è una delle fonti insieme a moltissimi altri alimenti, il documento steso dall’ISS risulta tutt’altro che allarmante: evidenzia che complessivamente il consumo totale di acidi grassi saturi nella popolazione adulta italiana è di poco superiore (11,2%) all’obiettivo suggerito per la prevenzione (inferiore al 10% delle calorie). Per quanto riguarda l’olio di palma, nel documento emanato dall’ISS si ribadisce più volte che i dati di consumo sono sovrastimati a causa dei metodi seguiti per valutarlo (per esempio, si è considerato che negli alimenti potenzialmente contenenti olio di palma tutti i grassi saturi provenissero da questo ingrediente, anche in presenza di altri ingredienti portatori di saturi, come il burro, altri grassi, le uova, il latte, il cioccolato….). Ebbene, nonostante questa inevitabile sovrastima dei consumi, si osserva come per gli adulti, su un totale di  27,21 g saturi assunti giornalmente con la dieta, soltanto  4,77 g derivino da olio di palma. In pratica significa che oltre l’82% dei grassi saturi che ingeriamo ogni giorno deriva da altri alimenti…
Peraltro, da tecnologo alimentare, non posso fare a meno di apprezzare che il documento dell’ISS specifichi che il trend di crescita delle importazioni in Italia di olio di palma a scopo alimentare sottenda, nell’ultimo decennio, lo spostamento dell’industria alimentare verso l’uso di olio di palma come sostituto di altri grassi non dissimili quanto ad apporto di saturi, ma meno adatti alle esigenze dei consumatori e dell’industria. L’olio di palma, infatti, deve il suo successo anche al fatto di resistere molto bene al calore e all’ossidazione, evitando la formazione di sostanze nocive nella lavorazione e nella conservazione. In pratica l’olio di palma non è arrivato a sostituire ingredienti senza grassi saturi, anzi, non dobbiamo dimenticare che se si è progressivamente giunti alla quasi totale eliminazione dei nocivi grassi “trans” dalla nostra dieta è anche grazie al fatto di aver potuto trovare un’alternativa più sana nell’olio di palma, che non ne contiene.

Possiamo fare lo stesso discorso anche per i bambini?
L’ISS nelle sue conclusioni specifica che per i bambini tra 3 e 10 anni il consumo complessivo di grassi saturi risulta superiore, se riferito all’obiettivo fisso del 10%. D’altra parte è lo stesso ISS a ricordare, molto correttamente, che in una fascia d’età così ampia i consumi si differenziano in maniera significativa, ed è necessario interpretare i dati con cautela e conclude il suo documento affermando che il consumo di grassi saturi, secondo le stime effettuate, appare moderatamente in eccesso nella dieta delle fasce più giovani della popolazione italiana. Anche per i bambini è interessante osservare che su un totale di quasi 28 g di grassi saturi che assumono giornalmente, meno di un terzo derivano da alimenti potenzialmente contenenti olio di palma, mentre la maggior parte dei grassi saturi – circa 20 g – vengono da altri alimenti, a confermare quanto sia importante educare i bambini a un’alimentazione globalmente più equilibrata. Non ha senso, ed è diseducativo, attribuire le responsabilità di un eccesso di questo o quel nutriente a una sola categoria di prodotti, senza considerare  tutto il resto che compone la dieta quotidiana, a maggior ragione per i grassi saturi, visto che la categoria dei prodotti potenzialmente contenenti olio di pama  incide sul loro eccesso in misura decisamente inferiore agli altri prodotti di consumo quotidiano.

In conclusione cosa si sente di consigliare a chi ogni giorno va a fare la spesa?
Quello che consiglio da molti anni nella mia attività di divulgatore: non lasciarsi suggestionare dagli slogan gridati e da messaggi semplicistici, negativi o positivi che siano, e usare invece la propria testa per compiere scelte davvero salutari. Davanti agli scaffali del super non ha senso limitarsi a scorrere la lista degli ingredienti alla ricerca di questo o di quel componente: l’etichetta nutrizionale dà l’esatta composizione nutritiva dei prodotti e, nel caso di cui stiamo parlando, è particolarmente utile controllare l’effettiva presenza di grassi saturi confrontando tra loro i diversi prodotti. Le sorprese non mancheranno…
L’ISS infatti conclude il suo parere osservando che il consumo di olio di palma non è correlato all’aumento di fattori di rischio per malattie cardiovascolari nei soggetti giovani che hanno normali livelli di colesterolo, sono normopeso, e assumono contemporaneamente adeguate quantità di polinsaturi.
È la composizione in grassi saturi quella che conta, ed è importante che questo sia tenuto presente a maggior ragione nel caso di soggetti che possono essere più vulnerabili come i bambini, gli anziani, gli individui dislipidemici, gli obesi, i pazienti che hanno avuto eventi cardiovascolari e le persone ipertese.