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01/10/2022

Olio di palma, nutrizione sostenibile, sicurezza alimentare: un webinar per andare oltre i falsi miti

Sull’olio di palma sono circolate negli anni tante leggende, ma un elemento è stato spesso trascurato: l’olio di palma che arriva sul mercato italiano è certificato «sostenibile». Il beneficio è doppio: il primo tratto della filiera contribuisce al raggiungimento degli obiettivi ambientali e sociali (SDGs) sanciti dall’Agenda 2030 dell’Onu; il secondo, invece, genera e distribuisce un prodotto che — oltre all’indubbia rilevanza economica e ai vantaggi qualitativi e tecnologici — può far parte della normale alimentazione, chiaramente tenendo sotto controllo quantità e frequenza di assunzione (come per qualsiasi elemento nutrizionale, d’altronde).

Il tema è al centro del paper Dietary Fats, Human Nutrition and the Environment: Balance and Sustainability, redatto da quattro autorevoli esperti e pubblicato sul numero 9 (aprile 2022) della rivista Frontiers in Nutrition. Il punto centrale è una visione “olistica” che dovrebbe consentirci di guardare all’ecologia non come a un fine ma piuttosto un mezzo; non un tema “macro-” bensì qualcosa di intimamente connesso al benessere individuale. Il concetto è ben sintetizzato nell’abstract, dove leggiamo che «una sempre maggiore conoscenza diffusa tra varie discipline migliora la nostra comprensione dei legami tra cibo, salute e sostenibilità, pur accrescendone l’apparente complessità». Ciononostante, il tentativo di «ottimizzare la produzione» sconta alcuni limiti, prima di tutto una limitata disponibilità di dati e la difficoltà nell’identificare obiettivi condivisi; anche perché la categoria dei grassi è fortemente eterogenea, sia in termini nutrizionali sia come impatto ambientale.

Una strategia “di sistema” che segua l’indirizzo suindicato dovrebbe quindi concentrarsi sulle colture più rilevanti, guardando non solo ai volumi raccolti ma anche agli usi industriali, al piano quantitativo come a quello qualitativo (cioè la varietà delle applicazioni economiche, nonché l’importanza di un certo grasso per il fabbisogno umano). Ricordiamo che l’olio di palma è usato non solo dall’industria alimentare ma anche da quella chimica (cosmesi, farmaceutica, igiene della casa), al punto che su scala globale il suo consumo è secondo soltanto all’olio derivato dalla soia: nel 2019, in media, una persona ne assumeva 7,17 grammi al giorno. Peraltro, fra le colture oleaginose è di gran lunga la più produttiva, con un rendimento medio di 2,84 tonnellate per ettaro (la soia appena 0,45). Inoltre, non soltanto «l’olio di palma è importante per ragioni culturali e di prezzo in ampie parti del Sud-Est asiatico e dell’Africa centrale – argomenta il paper –  ma «il suo presunto impatto negativo sulla salute a causa dell’elevato contenuto di grassi saturi viene messo sempre più in discussione». È questa la conclusione alla quale giungono gli autori considerando che numerosi studi, tanto sugli animali quanto sugli umani, mostrano chiaramente quanto il consumo di olio di palma non faccia alzare i livelli di colesterolo nel sangue né tantomeno aumenti la probabilità di aterosclerosi (Odia et al., 2015), laddove molte altre ricerche che affermano il contrario sembrano viziate da problemi metodologici che ne riducono fortemente l’attendibilità e la replicabilità (Ismail et al., 2018).

Il discorso, naturalmente, va ben oltre la fisiologia umana. In ambito “collettivo” si tratta di promuovere un nuovo modello di food security le cui ricadute positive siano non soltanto sugli individui, la loro disponibilità di cibo parta dalla valorizzazione di quelle colture di ampia utilizzabilità, come appunto i grassi vegetali e in special modo l’olio di palma, la cui filiera riesca a ottimizzare le risorse disponibili — con evidenti beneficî anche per il capitale naturale, che nel complesso subisce un depauperamento inferiore rispetto ad altre colture — e dia come risultato, infine, una gamma di prodotti che siano accessibili per ampi strati della popolazione. L’implicazione è semplice: sarebbe sbagliato bloccare un’importante filiera sulla scorta di risultati non del tutto affidabili, che a uno sguardo più attento e scevro da preconcetti rivelano tutta la loro debolezza. Se la nutrizione sostenibile è un obiettivo primario, dal momento che ormai è evidente che l’olio di palma ha un ruolo importante nel rispondere alla crescente domanda di grassi, allora è il caso di indagarne meglio la «complessità», guardando anche alle opportunità ambientali e socio-economiche alle quali si riconnette: queste, sì, misurabili in maniera semplice e oggettiva.

Se ne parlerà il prossimo 5 ottobre, con il Prof Erik Meijaard, autore del paper Dietary Fats, Human Nutrition and the Environment: Balance and Sustainability, ed altri accademici, ricercatori ed esperti, durante il webinar Olio di Palma e SDGs – Nutrizione sostenibile e obiettivo zero deforestazione organizzato dall’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile promosso da ASviS.

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