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25/07/2019

Olio di palma: tra geopolitica, sicurezza alimentare, commercio e sviluppo sostenibile

 

 

In un interessante articolo pubblicato su The Conversation l’economista Jean Marc Roda (Cirad) analizza lo scenario geopolitico ed i meccanismi che muovono il mercato degli oli vegetali e le ragioni della guerra commerciale all’olio di palma.

L’articolo approfondisce i temi affrontati dall’autore durante un intervento in occasione di un ciclo di formazione dell’IHEST (Institut des Hautes Etudes pour la Science et la Technologie): geopolitica delle foreste, agroindustria, olio di palma e sicurezza alimentare.

Questi i punti principali evidenziati nell’articolo:

 

La domanda di oli vegetali

 

Secondo la FAO nel 2050 la popolazione mondiale supererà i 9 miliardi di persone, con un conseguente aumento del 70% della domanda mondiale di cibo

Il consumo di proteine e grassi aumenta con la crescita del reddito disponibile. Si assiste inoltre ad una progressiva riduzione dei consumi di grassi animali a favore di quelli vegetali.

Nei paesi sviluppati il consumo pro capite di grassi animali ha raggiunto il suo picco negli anni Ottanta per poi diminuire gradualmente, a favore dei grassi vegetali.

Se però nel Nord America e in Europa i livelli di consumo di olio vegetale sono ormai stabili, in tutte le altre regioni del mondo meno sviluppate – e caratterizzate anche da una forte crescita demografica – i consumi sono ancora in crescita.

Si stima che nel 2050, con la crescita demografica, la domanda globale di grassi vegetali potrebbe raggiungere circa 250-350 milioni di tonnellate l’anno, rispetto ai 170-180 milioni di tonnellate consumate al momento.

Questi numeri fanno sorgere domande geo-strategiche sul futuro: quali oli vegetali saranno prodotti per nutrire il mondo, chi li venderà, chi controllerà la loro produzione e dove ci sarà abbastanza terra per coltivarli?

 

Il mercato mondiale degli oli vegetali

 

Ad oggi, oltre l’85% del mercato di oli vegetali è rappresentato da olio di palma, di semi di soia, di semi di colza e di semi di girasole.

La palma da olio ha una resa media di 3,47 tonnellate per ettaro: 5 volte più della colza (0,65 t/ettaro), 6 volte di più del girasole (0,58 t/ettaro) e addirittura 9 volte più della soia (0,37 t/ettaro).

Oltre alla loro eccezionale produttività, le palme da olio richiedono anche meno input di produzione per unità rispetto ad altre colture oleaginose, rappresentando così l’olio più competitivo.

Grazie anche alle sue caratteristiche organolettiche l’olio di palma è l’olio vegetale più consumato al mondo, con una quota di mercato del 35%, in crescita costante come si vede dal grafico seguente:

 

 

l’olio di palma rappresenta un fattore chiave di sviluppo, assicurando lavoro e sussistenza economica a milioni di persone che hanno visto migliorare le loro condizioni di vita e le loro prospettive (per approfondire leggi qui), non solo nel Sud Est Asiatico ma anche in Africa e Centro America.

 

I player

 

Il mercato mondiale degli oli vegetali è caratterizzato da un elevato livello di specializzazione geografica.

Le grandi società agroalimentari occidentali controllano la produzione di soia, colza e girasole, mentre le multinazionali asiatiche, ma non solo, controllano la produzione di olio di palma.

Grazie alla straordinaria competitività dell’olio di palma, le multinazionali asiatiche si sono accaparrate progressivamente una fetta sempre più grande della torta.

Le principali colture oleaginose dell’Unione Europea sono la colza e il girasole.

La colza è dominante soprattutto in Francia, Germania e Polonia.

Tra i grandi produttori di biodiesel, solo Francia e Germania impiegano la colza come materia prima, nonostante il costo superiore rispetto al palma ed alla soia.

Le politiche di incentivi fiscali per la promozione del biodiesel adottate da Francia e Germania hanno stimolato i consumi di colza ma anche le importazioni di olio di palma soprattutto in presenza di aumento dei prezzi della colza, facendo si che l’olio di palma diventasse un formidabile competitor per l’olio di colza europeo.

Più recentemente, la guerra commerciale USA-Cina e l’imposizione di dazi sulla soia USA hanno fatto crollare le esportazioni verso la Cina del 98% nel 2018. Gli USA hanno compensano con un aumento delle esportazioni verso i mercati comunitari che ha sfiora il 250%. Un altro duro colpo per la colza europea.

 

Deforestazione

 

La produzione di olio di palma è stata accusata di causare deforestazione incontrollata.

In realtà, le piantagioni di olio di palma sono responsabili solo del 3% della deforestazione globale, che ha raggiunto il culmine negli anni ’90 e da allora è costantemente diminuita. Ora è quasi inesistente in Malesia (inferiore all’1%), mentre in Indonesia, dopo il picco tra il 2000 e il 2008, ora è sceso al 5%.

Le piantagioni di olio di palma hanno spesso sostituito altre colture su terreni già deforestati, come ad esempio la gomma naturale in Malesia.

 

Le prospettive

 

L’autore conclude che se è vero che nel 2050 i consumatori di tutto il mondo richiederanno circa 250-350 milioni di tonnellate all’anno di olio vegetale in più rispetto a oggi, senza l’olio di palma, per soddisfare la futura domanda di oli vegetali sarebbe necessaria un’area coltivabile di dimensioni quasi pari a quelle del continente australiano.

Per il bene di tutti, la chiave è prevenire la futura deforestazione, non vietare l’olio di palma. È imperativo migliorare la produttività e la sostenibilità delle piantagioni di palma da olio, consentendo loro di produrre di più sulla stessa area.

 

Chi pagherà il prezzo del boicottaggio dell’olio di palma?

 

Vi lasciamo con tre domande aperte:

  • Quanto costerebbe sostituire integralmente l’olio di palma con altri oli vegetali visto che l’olio di palma costa sicuramente molto meno degli altri oli?

  • Quanto costerebbe tutto questo in termini di impatto ambientale, visto che gli studi confermano che               la sostituzione dell’olio di palma non risolverebbe il problema della deforestazione e di perdita di                   biodiversità?
  • Chi sosterrà economicamente i milioni di persone che traggono dalla coltivazione delle palme da                    olio la loro principale fonte di reddito in Asia, Africa e Centro America?