Un interessante articolo di Carlo Maria Buonamico su pensallasalute.it per fare chiarezza su cos’è l’olio di palma, perché si usa e perché è stato demonizzato, chiedendo il parere della Prof.ssa Patrizia Hrelia
Professoressa ordinaria presso il Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie, Università di Bologna, e Presidente della Società Italiana di Tossicologia.
L’olio di palma è un grasso non idrogenato che ha ottime proprietà tecnologiche, ovvero le sue caratteristiche non vengono alterate nella maggior parte delle preparazioni alimentari e non irrancidisce facilmente. Ma allora perchè il suo uso è stato tanto criticato, si chiede il giornalista?
Perché si è visto che nei processi di trasformazione dei prodotti con questo olio si possono formare dei contaminanti e tutti hanno percepito di correre un rischio enorme. Ma è così?
La Prof.ssa Patrizia Hrelia, spiega che:
“Pochi sanno, ad esempio, che della stessa classe di rischio a cui appartengono i contaminanti dell’olio di palma fanno parte sostanze che comunemente consumiamo come il caffè, come la caffeina, o l’alcol. La situazione è analoga a quella rappresentata dall’acrilammide, sostanza che si forma quando i carboidrati vengono cotti ad alte temperature e bruciacchiati. Ma questa notizia non ha suscitato lo stesso scalpore “.
Nell’arco di poco tempo, tuttavia, sono state cambiate numerose ricette di prodotti alimentari, riformulate eliminando l’olio di palma e sostituendolo con altri oli e grassi (sia animali che vegetali). Il giornalista si chiede: siamo sicuri che siano i consumatori ad averci guadagnato?
In realtà pare di no sottolinea Patrizia Hrelia
“È necessario capire quali sono i reali margini di rischio e entro che dosi e limiti vale la pena di preoccuparsi davvero. Inoltre, solo pochi dei prodotti da cui è stato eliminato l’olio di palma hanno registrato un miglioramento dei valori nutrizionali relativamente alla quantità di grassi. I consumatori hanno ricevuto informazioni non corrette, non scientifiche e soprattutto ideologiche”, sottolinea Hrelia
Per ridurre il rischio oncologico legato all’alimentazione, sia che si tratti di olii che di altri alimenti, “la strategia più ragionevole a livello individuale è quella di variare le proprie fonti alimentari evitando l’abuso di alcuni alimenti, e guardare il problema nella sua interezza, senza demonizzazioni e senza indire crociate non sempre sostenute da sufficienti motivazioni scientifiche”, conclude Hrelia.
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