“Comprare prodotti senza olio di palma contribuirà a salvare la foresta pluviale?” Ecco una delle domande ricorrenti con cui Marieke Leegwater – coordinatrice del “Global Solidaridad Palm Oil Program” – deve confrontarsi continuamente, a riprova degli effetti dannosi che le campagne di demonizzazione promosse contro l’olio di palma hanno generato nel corso degli ultimi anni. Marieke, infatti, attraverso il suo programma è impegnata nella costruzione e nello sviluppo di catene di approvvigionamento socialmente responsabili ed ecologicamente sane, olio di palma compreso. Non solo quindi bisogna prontamente dire che no, comprare prodotti senza olio di palma non contribuisce realmente a salvare la foresta pluviale, ma che anzi, è opportuno porsi un altro interrogativo per diventare realmente consumatori coscienti e responsabili: “in che modo posso realmente fare la mia parte per combattere la deforestazione?”
In risposta a questo fondamentale e delicato quesito, l’esperta suggerisce tre semplici e scientificamente supportati comportamenti:
Non tutto l’olio di palma è uguale! Infatti, quello prodotto in modo sostenibile non solo non è dannoso per l’ambiente ma può anche contribuire a creare un ecosistema sano e persino a salvare le foreste pluviali: L’olio di palma, di tutte le colture di semi oleosi commestibili, è di gran lunga il più alto in rendimento, fornendo circa il 35% dell’olio vegetale mondiale utilizzando solo il 10% delle colture vegetali a disposizione. A questo importante fattore va aggiunto che l’olio di palma, se prodotto in modo sostenibile, può essere alleato anche della biodiversità, soprattutto per gli oranghi, che popolano prevalentemente le aree dedicate a tale coltura. In ultimo, la produzione sostenibile di palma da olio si fonda sul dialogo fra coltivatori ed esperti di fauna che lavorando fianco a fianco, permettono agli animali di vivere in pace.
Dal punto di vista socio-economico invece va sottolineato come per le popolazioni indigene la coltivazione di olio di palma rappresenti una delle principali fonti di sostentamento.
Tutti i prodotti hanno un impatto ambientale, dunque l’equazione “senza olio di palma = buono per l’ambiente” è senz’altro erronea e anzi, attualmente l’86 % dell’olio di palma utilizzato in Europa per i prodotti di consumo è certificato RSPO e quindi già orientato verso la sostenibilità. Il paradosso perciò consiste proprio nel fatto che acquistando prodotti “palm oil free” il rischio di impattare negativamente sull’ambiente aumenta vertiginosamente.
Espandere la pratica della coltivazione sostenibile di palma da olio è quindi evidentemente cruciale per promuovere un comportamento in grado di salvaguardare la foresta pluviale. Per poter raggiungere questo traguardo è necessario supportare i coltivatori, mettendoli nelle condizioni di beneficiare degli strumenti più idonei, superando gli ostacoli più gravosi per il raggiungimento di una piena sostenibilità delle colture ovvero: la mancanza di accesso alla tecnologia e alle risorse adeguate, l’insufficiente capacità di utilizzare le economie di scala e la mancanza di spazio finanziario o temporale per partecipare ai sistemi di certificazione
Trovi questi argomenti interessanti e vorresti approfondirli per avvicinarti ad un consumo più consapevole e informato?
Questi ed altri temi saranno trattati nel corso dell’evento con il contributo dei numerosi esperti presenti, fra i quali figurerà anche Marieke Leegwater, allo scopo di approfondire sfide e opportunità connesse alla produzione ed al consumo responsabile di olio di palma ed il contributo della filiera al raggiungimento degli obbiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Infatti, in occasione del Festival dello Sviluppo Sostenibile promosso dall’ASviS, in programma dal 22 settembre all’8 ottobre 2020 in tutta Italia ed in rete, l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile organizza un evento on-line il 7 ottobre dalle ore 15 alle 17.