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10/02/2022

TREND NEGATIVO PER LE VENDITE DI PRODOTTI “SENZA OLIO DI PALMA” IN ITALIA – CONSUMATORI SEMPRE PIU’ ATTENTI ALLA SOSTENIBILITA’.

È stata recentemente pubblicata la decima edizione dell’Osservatorio Immagino, studio semestrale che incrocia i dati Nielsen con le informazioni rilevate da GS1 Italy sulle etichette di 125.431 prodotti, tra alimentari e non alimentari, venduti nei supermercati e ipermercati italiani a giugno 2021. Sostenibilità, attenzione agli sprechi, origine delle materie prime, edonismo e salute sono alcune tra le principali tendenze individuate nelle preferenze dei consumatori italiani.

Uno dei fenomeni più interessanti negli anni rilevati dall’Osservatorio Immagino è quello dei prodotti “free from”, che dopo il boom iniziale del 2016-2017 mostra un rallentamento del sell-out, nonostante le numerose innovazioni introdotte per cogliere nuove mode. In particolare, mostrano segni di cedimento i claim “free from” più tradizionali e con maggiore quota di mercato, che hanno rallentato la propria crescita o, in alcuni casi, hanno perso fatturato.

senza olio di palma

 

Il caso dei prodotti “senza olio di palma” è emblematico. Lo sottolinea il Dr. Mauro Fontana,  nuovo Presidente dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile in un articolo recentemente pubblicato sul magazine digitale Economy.

Parliamo di un segmento che conta circa 3.000 prodotti, corrispondenti al 3,7% di tutti i prodotti analizzati. Dopo i tassi di crescita a due cifre dei primi anni, le vendite di prodotti “senza olio di palma” hanno fatto registrare un costante rallentamento e oggi mostrano addirittura una tendenza negativa, con una contrazione della domanda del -1,6% ed un calo del sell-out del -0.5% rispetto al 2020. Scende anche la quota sul totale delle vendite in valore del segmento, che passa dal 6,9 al 6,4%, con una ulteriore flessione del 7% circa.

 

senza olio di palma

 

ll claim “senza olio di palma” cede finalmente il passo alle nuove mode del momento?

Sembrerebbe proprio cosi, come osserva il Presidente Fontana “il consumatore oggi è sicuramente più consapevole e informato e la sua percezione dell’olio di palma è migliorata non solo dal punto di vista nutrizionale, ma anche ambientale e sociale”.

Una notizia positiva quindi, che sarà accolta con sollievo anche dai nutrizionisti, dal momento che da sempre considerano il claim “senza olio di palma” totalmente privo di rilevanza dal punto di vista nutrizionale e a rischio di trasformarsi in un boomerang per i consumatori, indotti a preferire prodotti non necessariamente meno calorici e addirittura ad eccedere nel consumo (per approfondire: “Senza Olio di Palma: il parere degli esperti del CREA”).

 

Da “senza olio di palma” a “con olio di palma sostenibile”

Altra buona notizia: cresce la sensibilità e l’impegno a favore dell’ambiente e la responsabilità sociale, che si comunica sempre più attraverso le etichette. Certificazioni di origine, di conformità agli standard comunitari, di tracciabilità delle filiere sono sempre più diffuse.

Nel corso degli ultimi anni è aumentato anche il peso dei prodotti accompagnati da claim riferiti al mondo della responsabilità sociale (CSR). Se nell’anno finito a giugno 2018 questi prodotti valevano il 9,6% del giro d’affari del largo consumo confezionato, in quello terminato a giugno 2021 hanno raggiunto l’11,2%. Tra le certificazioni quella che ha registrato la crescita maggiore negli ultimi quattro anni è FSC. Molto dinamiche anche Fairtrade e UTZ.

La certificazione RSPO per l’olio di palma sostenibile non viene ancora rilevata dall’ Osservatorio Immagino. Purtroppo – nonostante l’Italia sia al terzo posto in Europa e quinto al mondo come numero di imprese associate RSPO –  le aziende italiane preferiscono ancora comunicare il loro impegno ad approvvigionarsi esclusivamente di olio di palma sostenibile certificato attraverso la comunicazione corporate piuttosto che esporre il logo RSPO sui propri prodotti.

Secondo gli ultimi dati  disponibili, nel 2020 il 90% dell’olio di palma entrato in Europa è certificato sostenibile secondo i criteri della Roundtable Sustainable Palm Oil (RSPO). In Italia, la percentuale di olio di palma sostenibile certificato RSPO sale almeno al 95% del totale dell’olio di palma impiegato dall’industria alimentare.

Ad oggi, sono almeno 87 le aziende italiane che hanno fatto richiesta della licenza per l’utilizzo del marchio RSPO per le loro comunicazioni corporate o di prodotto,  impegnandosi cosi anche nell’aiutare i consumatori a consumare in modo responsabile.

Se consideriamo da un lato il calo della domanda di prodotti “senza olio di palma” e dall’altro la crescente sensibilità che i consumatori italiani sembrano aver sviluppato nei confronti delle certificazioni ESG è auspicabile che in futuro si possano creare le condizioni per una maggiore diffusione del logo RSPO sulle confezioni dei prodotti a scaffale, contribuendo cosi a diffondere la consapevolezza che l’olio di palma sostenibile esiste ed è l’unica valida alternativa all’olio di palma, dal punto di vista ambientale, sociale ed economico.

 

 

 

Leggi anche “La moda dei “senza” sta iniziando a calare. Ecco perché, di Mauro Fontana, Presidente Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile.