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12/06/2023

EUDR e olio di palma sostenibile: sfide e opportunità

Qual è l’alternativa all’olio di palma? L’olio di palma certificato sostenibile e deforestation-free. Sembra un gioco di parole, ma è scientificamente dimostrato. È stato spiegato da Davide Matteo Pettenella (Università di Padova), Maria Vincenza Chiriacò (Centro Euro Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici), e Luca Foresta (Satelligence) e confermato da Eva Alessi (Wwf Italia) in occasione del webinar intitolato “EUDR e olio di palma sostenibile: sfide e opportunità”, organizzato dall’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile di ASviS.

L’incontro ha inaugurato un ciclo di tre eventi online volti ad aumentare conoscenze e consapevolezza sui temi dello sviluppo sostenibile che coinvolgono direttamente la filiera dell’olio di palma.

Il Prof. Pettenella ha illustrato le finalità dell’EUDR, il nuovo regolamento Ue relativo alla messa a disposizione sul mercato dell’Unione e all’esportazione dall’Unione di determinate materie prime e determinati prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale. «I dati raccolti tra il 2005 e il 2018 presentano un quadro drammatico», ha spiegato. «Nel periodo considerato si calcolano circa 210mila ettari di terreno soggetti a deforestazione, il 95% dei quali è riconducibile alla produzione di dieci prodotti agricoli, importati anche dall’Ue. Di questa quota, il 75% è collegato a soia, olio di palma, prodotti legnosi e carne bovina». L’EUDR si pone l’obiettivo di ridurre di 72mila ettari le superfici forestali degradate o deforestate entro il 2030. Per farlo bisogna intervenire sulle filiere produttive, individuarne le criticità e tracciare l’origine dei prodotti semi-lavorati e finiti per poter stabilire quali possano entrare nel mercato europeo.

«Si tratta di un processo lungo, con alcuni passaggi ancora in corso di definizione. In particolare – sottolinea Pettenella – sarà necessario evitare la discriminazione dei piccoli agricoltori, che hanno diverse difficoltà da superare per allinearsi agli standard dell’EUDR. C’è il rischio di creare winner e looser ed il pericolo che si sviluppi un mercato dualistico: prodotti conformi all’EUDR destinati all’UE e altri dirottati verso mercati meno sensibili al tema ambientale disposti ad assorbirli».

C’è il rischio di compromettere l’efficacia delle misure ed il raggiungimento degli obiettivi. Ci saranno problemi da gestire per l’armonizzazione dei controlli a livello di Stati membri e la sovrapposizione con sistemi di certificazione già in essere su base volontaria come nel caso della Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO), che ha già da tempo affrontato anche il problema della deforestazione con risultati positivi evidenti.

La Responsabile Sostenibilità di WWF Italia, Eva Alessi, ha confermato che il boicottaggio non è la soluzione e sottolineato l’importanza di aderire allo standard RSPO.

«L’olio di palma è efficiente. Se non lo usassimo più, gli impatti ambientali verrebbero spostati su altre supply chain meno sostenibili. Per affrontare tutte le sfide, va incoraggiata una produzione sostenibile di olio di palma. Ma non solo di questo. Il fenomeno della deforestazione è correlato a tutto il settore agricolo. Le certificazioni dovrebbero interessare quindi tutte le commodity».

EUDR WWF

D’altra parte: è davvero possibile immaginare un mondo senza olio di palma? Al di là del fatto che si sta parlando dell’olio vegetale più consumato al mondo e che quindi una sua sostituzione avrebbe non poche né semplici ripercussioni in tema di food security ed equilibri socio-economici per molti Paesi, Cinzia Chiriacò del Centro Euro Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici ha dimostrato, dati alla mano, quanto questa ipotesi sia controproducente in termini di sostenibilità ambientale. Il CMCC ha infatti elaborato un’analisi, di prossima pubblicazione, che dimostra che la sostituzione della palma da olio con la coltivazione delle tre principali alternative – soia, colza e girasole – andrebbe ad incidere negativamente in termini di emissioni di CO2.

«Al contrario – ha osservato Chiriacò – se tutta la produzione di olio di palma diventasse deforestation free, le emissioni di CO2 complessive a livello di filiera, sarebbero ridotte dell’89%».

Comunità scientifica e Ong danno quindi un messaggio univoco e molto chiaro all’opinione pubblica ed al mondo produttivo, che si sta già da tempo dotando di sistemi di monitoraggio innovativi. «Come posso dimostrare che il mio prodotto sia a deforestazione zero? Che impatto ha la nuova direttiva europea EUDR sulla mia filiera nel settore agroalimentare?» Sono le due domande-input dell’intervento di Luca Foresta, esperto di telerilevamento di Satelligence, società leader nell’Ai applicata ai rilevamenti satellitari sulle attività agricole. L’attività di mappatura effettuate è il primo step per comprendere la quota di deforestazione associabile a una commodity.

«Telerilevamento, monitoraggio e condivisione dei dati in cloud: all’azienda viene fornita una app informativa sulla propria filiera. Questo diventa un modo per controllare e poi dimostrare la conformità all’EUDR. Se la catena di fornitura non è completamente a norma bisogna avere un piano di mitigazione dei rischi».

È la sfida lanciata dall’EUDR al sistema produttivo. Un incentivo all’adozione di buone pratiche e all’innovazione e alla consapevolezza di poter contribuire agli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Del resto è vero che non ci può essere sostenibilità senza innovazione. Il punto è che non tutti gli anelli di questa filiera sono pronti a questo salto, come ha sottolineato anche il Prof. Pettenella.

Di questo si è parlato più diffusamente  durante il secondo incontro organizzato dall’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile con Solidaridad lo scorso 16 maggio: “Olio di palma sostenibile: inclusione, innovazione e cooperazione”.

 

 

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