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06/12/2016

Olio di palma: è vero che fa male all’ambiente?

Quando si parla di olio di palma si fa riferimento all’impatto che la coltivazione di questo ingrediente ha a livello ambientale e alla sua produzione sostenibile. Ma quello che si dice intorno a questo ingrediente corrisponde al vero? Ecco alcune informazioni utili per aiutarvi a inquadrare meglio il fenomeno.

Chi produce l’olio di palma

I più grandi produttori di olio di palma al mondo sono Indonesia e Malesia che, insieme, forniscono circa l’86% del palma disponibile al mondo. Questi Paesi presentano caratteristiche climatiche tali da permettere la coltivazione della palma Elaeis Guineensis, una tipologia di palma che cresce grazie alle temperature e al clima tropicale.

Pochi però sanno che, in Indonesia e in Malesia le aree agricole – in buona parte dedicate alla palma da olio – coprono circa un quarto del territorio, mentre la foresta pluviale rappresenta ancora una parte consistente della superfice, occupandone circa il 50-60%.

Il rapporto con gli altri oli vegetali

Ma uno dei punti a favore di questo olio vegetale – contrariamente a quello che invece si sostiene da varie parti – è la sua sostenibilità in termini ambientali. Rispetto agli altri oli vegetali, infatti, il palma è l’olio più “virtuoso” in chiave di resa per ettaro. Una caratteristica che lo rende l’olio vegetale che rispetta di più l’ecosistema. Il palma ha la migliore resa produttiva: per acro di terra il rendimento della palma da olio può essere 10 volte superiore rispetto a quello di girasole, colza e soia. Questo significa che l’olio di palma richiede meno acri di terreno, produce di più e occupa il 7% della superficie agricola dedicata alla coltivazione di oli vegetali. Volendo fare un paragone, la soia si attesta al 61%, la colza al 18% e l’olio di semi di girasole al 14%. (Fonte: Eufic)

Ma c’è di più. Questo ingrediente si distingue dagli altri oli vegetali anche per la minore richiesta di acqua, pesticidi e fertilizzanti necessari per la sua coltivazione: ad esempio, in quest’ultimo caso, per una tonnellata di olio di palma servono 47 Kg di pesticidi rispetto ai 315 kg della soia. Il dato però sicuramente più interessante è quello relativo alla richiesta di acqua. La palma da olio, infatti, crescendo in territori equatoriali altamente piovosi, non richiede irrigazione artificiale. (Fonte: The Guardian)

Considerata l’alta resa produttiva e la capacità del palma di soddisfare il fabbisogno giornaliero di grassi, è facile ipotizzare che la produzione mondiale di olio di palma sia destinata a crescere ulteriormente da qui ai prossimi anni: il palma rappresenterà infatti la soluzione ideale per soddisfare il crescente bisogno di cibo, stimato dalla FAO di circa un 70% in più. Si prevede infatti che, entro il 2050 la popolazione globale del pianeta crescerà di circa il 40%, superando i 9 miliardi.

L’olio di palma sostenibile fa bene all’ambiente

Tuttavia, come ogni produzione alimentare, anche l’olio di palma ha un impatto sull’ambiente dovuto al fatto che ha un processo produttivo che va dalla coltivazione fino al consumo. Negli anni, le piantagioni di olio di palma hanno avuto un forte impatto in termini di conversione delle foreste, perdita di biodiversità e lesioni dei diritti delle comunità nei suoi maggiori paesi produttori, posizionati nella fascia tropicale.

Per essere davvero efficiente, però, ogni tipo di produzione alimentare deve essere sostenibile da un punto di vista socio-ambientale. Per questo motivo è fondamentale che anche la produzione di olio di palma sia certificata come sostenibile. Ma cosa significa nello specifico?

L’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile definisce olio di palma sostenibile un prodotto di origini conosciute e quindi tracciabili, che è stato realizzato con pratiche agricole atte a preservare le torbiere, senza convertire foreste, nel rispetto degli ecosistemi ad alto valore di conservazione e con pratiche colturali rispettose delle foreste ad alto valore di carbonio; che non proviene dalla conversione in piantagioni di aree sottoposte ad incendi volontari; che protegge i diritti dei lavoratori, popolazioni e comunità locali promuovendo lo sviluppo dei piccoli produttori indipendenti.

Come si riesce a garantire che l’olio di palma sia prodotto seguendo questa definizione? Grazie alla certificazione di sostenibilità. Al momento l’unico organo di certificazione riconosciuto a livello mondiale è la Tavola Rotonda per l’Olio di Palma Sostenibile (RSPO), un’associazione no profit costituita nel 2004 in risposta alla richiesta globale di una produzione sostenibile di olio di palma. RSPO riunisce sette gruppi di stakeholder attivi nella filiera globale dell’olio di palma: coltivatori, raffinatori, industria manifatturiera, distributori, banche e investitori, organizzazioni non governative ambientali e sociali, per creare e implementare standard globali per la produzione e l’uso di olio di palma certificato sostenibile.