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12/09/2016

La verità sull’olio di palma

 

L’olio di palma: cos’è

 

  • L’olio di palma, ottenuto dalla polpa del frutto della palma da olio, è l’olio vegetale più consumato al mondo: rappresenta il 35% dell’intera produzione mondiale di oli vegetali utilizzando circa il 6% delle superfici coltivate. Segue la soia (circa 27%), la colza (circa 14%), il girasole (10%). L’olio di oliva rappresenta l’1% del mercato degli oli vegetali (Fonte: RSPO).
  • L’olio di palma si ricava dalla polpa dei frutti della palma che vengono sterilizzati tramite vapore, denocciolati, pressati e filtrati, senza uso di solventi. Si ottiene così l’olio di palma grezzo, di colore rosso scuro a causa dell’elevata quantità di carotenoidi (600-700 mg/L). L’olio di palma grezzo passa poi attraverso un processo di raffinazione che elimina sostanze quali tannini, flavonoidi, terpeni, migliorando le caratteristiche organolettiche del prodotto ed incrementandone la stabilità. L’olio di palma può essere sottoposto ad ulteriori procedimenti di trasformazione a seconda del campo di applicazione. Tra questi, di particolare interesse è il frazionamento con cristallizzazione che consente di separare la frazione liquida (oleina) da quella solida (stearina).
  • La palma da olio fornisce il primo raccolto dopo 30 mesi e ciascuna garantisce una produzione di circa 4-5 tonnellate di olio all’anno, per 25 anni. (Fonte: EPOA).
  • Oggi, Malesia e Indonesia sono i più grandi produttori di olio di palma al mondo (il resto della produzione è generato da alcuni Paesi dell’Africa e del Sud America), rappresentando circa l’86% della produzione mondiale. In questi due Paesi del Sud-Est asiatico questa coltura assicura lavoro e sussistenza economica a milioni di persone. In Malesia il settore della produzione di olio di palma impiega direttamente circa 590.000 lavoratori, mentre il 35% della produzione proviene dai piccoli produttori. In Indonesia sono coinvolti direttamente nella produzione e nell’indotto circa 3,7 milioni di persone, mentre il 45% della produzione è assicurata dai piccoli proprietari. L’aumento dei prezzi delle ‘commodities’ negli ultimi anni ha aiutato milioni di persone ad uscire dalla soglia della povertà in Indonesia e Malesia e contribuito a più che raddoppiare la classe media indonesiana nel decennio precedente il 2009 – fonte WWF 2012.
  • L’Italia importa circa 1.600.000 tonnellate di olio di palma (Fonte Coeweb ISTAT, 2014): il 21% viene impiegato dall’industria alimentare, mentre il rimanente 79% viene usato dal settore bioenergetico, da quello zootecnico, dall’oleochimico, dal cosmetico e dal farmaceutico.
  • Si stima che la produzione di olio di palma crescerà almeno di un +40% da qui al 2050. La ragione sta nel fatto che nel 2050 la popolazione mondiale supererà i 9 miliardi di persone con un conseguente aumento della domanda mondiale di cibo (+70% secondo la FAO). Se pensiamo quindi che in un’alimentazione equilibrata i grassi dovrebbero fornire intorno al 30% delle calorie totali quotidiane, è facile immaginare che la domanda di olii vegetali e quindi di olio di palma possa crescere a livello globale. (Fonte: How much palm oil do we need? R.H.V. Corley, 2008).
  • L’olio di palma è oggi l’olio vegetale più esportato al mondo: rappresenta infatti ben il 60% del totale export (fonte Foreign Agricoltural Service / USDA, dicembre 2015). Sono in gioco forti interessi commerciali, legati a un business già oggi rilevante e destinato a crescere ulteriormente nell’arco dei prossimi decenni.

 

L’olio del frutto di palma è l’olio vegetale scelto dalle aziende per le sue caratteristiche qualitative e tecnologiche, la sua disponibilità e il suo rapporto qualità/prezzo

 

Sul fronte alimentare, l’impiego dell’olio di palma ha permesso, negli anni, di eliminare i grassi vegetali idrogenati e riveste quindi un ruolo centrale nella riduzione del contenuto di acidi grassi TRANS nei prodotti alimentari. L’industria alimentare lo sceglie per alcune caratteristiche che questo ingrediente può garantire: la capacità di conferire ai prodotti la necessaria “croccantezza” o cremosità; il suo avere sapore e fragranza neutri che non influenzano le caratteristiche degli altri ingredienti; soprattutto la sua resistenza a temperature elevate e all’ossidazione, lo rende più adatto di altri oli e grassi ad essere utilizzato in alimenti cotti ad alta temperatura. La sua elevata stabilità lo rende particolarmente adatto a garantire una maggiore conservabilità degli alimenti, consentendo quindi anche di ridurre gli sprechi. Oggi quindi l’olio di palma è diventato un ingrediente difficilmente sostituibile con altri oli vegetali per motivi tecnologici, organolettici e disponibilità.

 

Olio di palma e sostenibilità ambientale

 

  • In un contesto di popolazione crescente – soprattutto nei paesi emergenti – con una sempre maggiore disponibilità economica e desiderosa di emulare modelli di consumo di tipo occidentale, la produzione dell’olio di palma è destinata ad aumentare rispetto altri oli vegetali per via della sua maggiore produttività, caratteristica fondamentale in un mondo povero di terre.
  • La palma da olio ha una resa media di 3,47 tonnellate per ettaro: 5 volte più della colza (0,65t/ettaro), 6 volte di più del girasole (0,58 t/ettaro), e addirittura, 9 volte più della soia (0,37t/ettaro) e 11 (0,32 t/ettaro) rispetto all’olio di oliva. Questo significa che oggi la palma da olio si “accontenta” di 17 milioni di ettari di terreno per fornire il 35% del fabbisogno mondiale di olio vegetale. Mentre servono ben 111 milioni di ettari perché la soia garantisca appena il 27% del fabbisogno globale.
  • Secondo i dati di Oil World, nel 2013-14 l’olio di palma rappresentava il 35% della produzione mondiale di oli vegetali occupando il 6% delle terre, mentre il 10% della produzione di olio di girasole impegnava un’area pari al 10% ed il 15% della produzione di colza il 13% delle terre.

Oli Vegetali - Resa Produttiva

  • Oltre ad avere una maggiore resa per ettaro rispetto agli altri oli vegetali, l’olio di palma richiede meno fertilizzanti, pesticidi ed energia rispetto alla soia ed alla colza – (fonte: The Guardian).

Oli Vegetali - Consumo risorse

  • La crescita dei volumi produttivi dell’olio di palma ha d’altro canto avuto un forte impatto sulle foreste, biodiversità e comunità dei suoi maggiori paesi produttori, posizionati nella fascia tropicale.
  • Consapevole della necessità di minimizzare tali impatti, alcuni attori responsabili della filiera dell’olio di palma hanno costituito nel 2004 la Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO), con l’obiettivo di gestire le problematiche ambientali e sociali legate alla sua produzione sulla base di definiti principi e criteri. Oggi RSPO è una associazione multi-stakeholder che raccoglie più di 2.400 membri tra produttori, aziende di beni di consumo, grande distribuzione e associazioni ambientaliste. L’industria italiana, soprattutto in alcuni settori strategici come quello alimentare, rappresenta un’eccellenza in questo senso, poiché le principali aziende utilizzatrici di olio di palma già utilizzano olio di palma certificato. Il settore dolciario, ad esempio, utilizza, già oggi, olio di palma certificato sostenibile RSPO per circa il 70%.
  • Le aziende utilizzatrici di olio di palma che aderiscono all’Unione Italiana per l ‘Olio di Palma Sostenibile già utilizzano olio di palma certificato da RSPO come sostenibile. Non solo: intendono arrivare al 100% di olio di palma sostenibile entro il 2020 promuovendo, come si legge anche nello Statuto dell’Unione, ulteriori requisiti migliorativi allo scopo di minimizzare ulteriormente l’impatto sulle foreste, le torbiere, i lavoratori e le comunità locali.
  • In tale contesto, si inserisce ad esempio il Palm Oil Innovation Group (POIG), iniziativa che – partendo dai requisiti di RSPO – mira ad applicare criteri più stringenti a protezione delle foreste e delle comunità (http://poig.org/). Insieme ad alcuni produttori e aziende di beni di consumo, sono 9 le associazioni ambientaliste che aderiscono al POIG – tra queste Greenpeace, WWF e Rainforest Action Network. L’obiettivo è quello di promuovere pratiche di sostenibilità delle filiera dell’olio di palma sempre più rigorose, cercando di coinvolgere sempre più operatori.
  • Il fine non è sostituire l’olio di palma ma produrre in modo responsabile per una materia prima che da tempo rappresenta una fonte economica importante per le popolazioni dei paesi in via di sviluppo. Circa il 40% della produzione globale di olio di palma è ottenuta dai piccoli produttori (fonte: World Bank Group – 2011).
  • Come spiega il WWF Australia in questa infografica pubblicata sul suo sito, il boicottaggio dell’olio di palma non rappresenta la soluzione del problema. Al contrario, non acquistare più olio di palma sostenibile porterebbe a conseguenze ancor più negative per l’ambiente e le comunità locali. Se le aziende acquistassero oli alternativi, dal momento che questi necessitano di molta più terra coltivabile, la loro scelta provocherebbe un aumento della deforestazione e della perdita di biodiversità. Inoltre, venendo a mancare l’incentivo a produrre olio di palma sostenibile, i produttori dirotterebbero la loro produzione verso utilizzatori non interessati alla sostenibilità dell’olio di palma.

 

Olio del frutto di palma e nutrizione. Cosa dicono i nutrizionisti? Cosa la letteratura scientifica?

 

  • L’olio di palma è utilizzato come alimento dall’uomo da oltre 5.000 anni. Si trovano infatti testimonianze a questo proposito già ai tempi degli Egizi. L’olio di palma non ha alcuna caratteristica che lo possa rendere meno raccomandabile di un qualunque altro alimento o ingrediente che apporta grassi saturi alla dieta. Può dunque far parte a pieno titolo della nostra alimentazione all’interno di una dieta bilanciata.
  • L’olio del frutto di palma è costituito per metà da grassi saturi (49%) e per metà da grassi insaturi (51%). Sia i grassi saturi che quelli insaturi sono indispensabili per il buon funzionamento del nostro organismo. Questo olio vegetale è essenzialmente composto di acido palmitico che si ritrova in moltissimi alimenti, incluso il latte materno.
  • Le raccomandazioni dei nutrizionisti sono di assumere il 30% dell’energia giornaliera da grassi, di cui 20% da grassi insaturi e 10% da grassi saturi (fonte Cra-Nut ex INRAN). Questo significa che, considerando una dieta media da 2000 kcal al giorno, 600 kcal (ovvero 67 g) possono derivare da grassi; di queste, fino a 200 kcal (ovvero 22 g) possono arrivare da grassi saturi.
  • Dai dati di consumo medi dei nutrienti nella popolazione italiana (Sette et al. 2010) è risultato che l’intake totale medio di acidi grassi saturi è pari a circa l’11% delle calorie assunte, valore di poco superiore rispetto alle assunzioni raccomandate. L’apporto dell’olio di palma rispetto al totale degli acidi grassi assunti nella dieta degli italiani è molto contenuto: la maggior parte degli acidi grassi saturi che assumiamo viene introdotto da alimenti per lo più di origine animale che non contengono olio di palma e altri olii e grassi. Maggiori informazioni sono disponibili qui.
  • L’olio di palma non comporta rischi specifici per quanto riguarda l’insorgenza di malattie cardiovascolari. Il principale argomento contro l’uso di olio di palma è il fatto che esso contiene acido palmitico, che è un acido grasso saturo e per estrapolazione dovrebbe comportare rischi cardiovascolari. Diversi studi scientifici, tra cui quello condotto dall’istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, hanno notevolmente ridimensionato il ruolo negativo degli acidi grassi saturi sull’innalzamento del colesterolo sanguigno, principale fattore di rischio delle malattie cardiovascolari. Nello specifico, all’acido palmitico è stata riconosciuta una assoluta neutralità sul metabolismo del colesterolo. Maggiori informazioni sono disponibili qui.
  • L’olio di palma non favorisce l’insorgere del diabete di tipo 2. Esperti del CRA NUT hanno chiarito che un recente studio promosso dalla Società Italiana di Diabetologia sul ruolo del palma nell’insorgenza del diabete di tipo 2 è stato mal interpretato: si tratta di uno studio sperimentale – realizzato su cavie animali – che non utilizza l’olio di palma ma uno solo dei suoi componenti (il palmitato, peraltro sottoposto a processo di idrogenazione) e che quindi non può in alcun modo essere utilizzato per sostenere che l’olio di palma avrebbe gli stessi effetti sull’organismo dell’uomo. Per saperne di più clicca qui.
Erratum – Diabetologia November 2015, Volume 58, Issue 11, pp 2682-2682

 

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