Secondo il regolamento europeo contro la deforestazione e il degrado forestale (EUDR), entro la fine di quest’anno sarà necessario garantire che i prodotti non provengano da aree deforestate dopo il 31 dicembre 2020. A Marca, la fiera di Bologna dedicata alla marca commerciale, l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile, insieme a RSPO, enti di certificazione e aziende, ha fatto il punto sui nuovi regolamenti e sullo stato di avanzamento del sistema di tracciabilità ‘PRiSM’, che aiuterà i membri della Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO) a dimostrare la conformità all’EUDR degli approvvigionamenti.
“Le aziende che vogliono differenziarsi sul mercato, troveranno la Certificazione RSPO rilevante e distintiva – ha spiegato Ruben Brunsveld, Deputy Drector EMEA, Roundtable on Sustainable Palm Oil, intervenuto da remoto al convegno – Oltre ai requisiti ambientali, la certificazione RSPO comprende obblighi sociali ed economici che vanno oltre i requisiti di sostenibilità del regolamento Ue sulla deforestazione. Quest’anno, RSPO lancerà una nuova piattaforma ‘PRiSM-Palm Rsource Information Sustainability Management’ che supporterà i membri RSPO nel fornire le informazioni necessarie per la dichiarazione di due diligence richiesta dalla Commissione Europea”.
Il presupposto del regolamento comunitario è quello di avere un ridotto impatto ambientale per quanto riguarda le materie prime che sono importate nel territorio della comunità europea. “La nuova regolamentazione europea che entrerà in vigore a fine di quest’anno permetterà di garantire che tutto l’olio di palma che entra in Europa sarà certificato sostenibile e ‘deforestation free’ – ha commentato Mauro Fontana, presidente Unione italiana olio di palma sostenibile – La certificazione RSPO può essere un modo proattivo per essere pronti a rispettare la regolamentazione europea anche perché l’RSPO, come certificazione, ha una visione più ampia che tiene conto anche di aspetti etico sociali ed economici”.
La tracciabilità delle forniture fino alla piantagione è il problema più delicato da risolvere per gli operatori nell’ambito della due diligence. In una filiera molto polverizzata, come quella dell’olio di palma, ma non solo, dove si contano milioni di piccoli produttori in piantagioni anche di pochi ettari disseminati in zone remote e carenza di strumenti adeguati alle nuove esigenze di tracciabilità e trasparenza, questo regolamento rischia di penalizzare i più deboli che potrebbero essere estromessi dalle catene di fornitura delle aziende utilizzatrici per mancanza di adeguate garanzie, con ripercussioni sul mercato e sul piano socio-economico.
“La sfida più grande è quella legata ai piccoli produttori, i cosiddetti small-holder – spiega Marcello Valenti, responsabile Ambiente e Sostenibilità di UNIGRA’ – che magari non hanno gli stessi strumenti che possono avere i produttori più grandi e quindi in alcune zone questo sistema di monitoraggio deve andare a regime; però, visto il buon livello di partenza per quanto riguarda l’olio di palma, per questa tracciabilità, grazie anche l’aiuto dei vari soggetti che operano in questi campi come RSPO per esempio, si dovrebbe riuscire a superare questa sfida”.
L’olio di palma sostenibile con la certificazione RSPO rappresenta un esempio concreto di integrazione tra due mondi, ovvero tra il mondo del food e il mondo del non-food, perché si tratta di una materia prima che viene utilizzata per prodotti alimentari e non, come ad esempio i cosmetici. “Oggi la domanda dei processi di certificazione è in crescita da entrambi i settori – ha osservato Mariano Serratore, direttore tecnico Istituto Certificazione Etica e Ambientale (Icea) – Da quello che vediamo come organismo di certificazione c’è un incremento sia nel settore food sia nel settore non food, anche perché delle aziende che andiamo a certificare in questo momento, circa il 35% sono produttori di materia prima che sarà utilizzata alimentando sia i settori food sia quelli non food. E’ sicuramente un dato interessante e che evidenza ancora di più il valore dell’olio di palma sostenibile nelle catene di fornitura. Chiaramente questo è un elemento importante perché la certificazione in sé ha come prerequisito il fatto che tutti gli attori della filiera siano certificati e pertanto garantisce un ulteriore elemento di tracciabilità, e quindi di valore aggiunto, per i sistemi di certificazione”.
Fonte: Redazione Adnkronos