Resta ancora il secondo tra i claim “senza” per giro d’affari, ma il “senza olio di palma” ha confermato di aver ormai perso il suo appeal. Dopo i tassi di crescita a due cifre incassati nei primi anni, le vendite hanno fatto registrare un costante rallentamento e nell’ultimo biennio hanno subito una evidente inversione di tendenza.
Nel 2022 è comparso su 2.806 prodotti, che hanno realizzato quasi 1,7 miliardi di euro di vendite, mettendo a segno un trend negativo a volume (-6,9%) rispetto al 2021. L’offerta è calata del -3,8% e le categorie con un impatto maggiore sul taglio dei volumi sono state le merendine, i cereali per la prima colazione e i biscotti tradizionali, proprio quelle che tradizionalmente avevano trainato la moda.
Lo conferma l’ultimo report di Osservatorio Immagino, che analizza i consumi degli italiani tramite le etichette dei beni acquistati fino a dicembre 2022, ma anche una precedente inchiesta di Altroconsumo aveva evidenziato che il “senza olio di palma” non si classifica tra i primi dieci claim nutrizionali più rilevanti per i consumatori.
Gli ultimi dati comunicati da RSPO mostrano al contrario un aumento del 30% della Supply Chain Certification sul mercato italiano ed i numeri sono destinati a crescere ancora.
Questi e altri temi sono stati al centro degli incontri organizzati a Bologna dal 13 al 15 marzo 2023 da RSPO con gli Organismi di Certificazione accreditati RSPO e più di 30 aziende UE associate, insieme all’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile, recentemente divenuta membro affiliato della Tavola Rotonda. I partecipanti , si sono confrontate sulle prossime sfide del settore, tra cui la sempre maggiore richiesta di tracciabilità del prodotto in linea con quanto richiesto dal nuovo regolamento (EUDR), che vieta di immettere sul mercato comunitario olio di palma e derivati e altre commodities se provenienti da terreni deforestati dopo il 31 dicembre 2020. Si è parlato anche di strumenti di comunicazione al consumatore come il marchio RSPO che ha recentemente visto aggiornate le proprie linee guida di comunicazione.
“Tra il 2020 e il 2021, abbiamo visto anche raddoppiare l’uso del marchio RSPO sui prodotti. Ciò segnala la disponibilità del mercato a comunicare gli sforzi per la sostenibilità di questa filiera.” ha dichiarato Francesca Morgante, Sr manager Europe (Market Transformation) RSPO .
Una maggiore riconoscibilità e consapevolezza dei prodotti contenenti olio di palma certificato sostenibile e deforestation-free può sicuramente guidare i consumatori verso scelte più responsabili sotto il profilo ambientale e sociale.
Al contrario, il claim “senza olio di palma” invece può trasformarsi in un boomerang per i consumatori, indotti a preferire prodotti non necessariamente più sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale o meno calorici e addirittura ad eccedere nei consumi, con effetti negativi sia dal punto di vista dell’impatto ambientale che nutrizionale. Si auspica che grazie anche alle nuove proposte legislative comunitarie in materia di contrasto al greenwashing in futuro si potrà contare su una maggiore chiarezza in comunicazione.
Le campagne di boicottaggio continuano a rallentare il grande lavoro che si sta facendo per trasformare la filiera produttiva e a scoraggiare soprattutto i piccoli agricoltori ad intraprendere la strada della certificazione.
Anche dal mondo scientifico si levano sempre più spesso voci tese a fare chiarezza. L’etichetta “senza olio di palma” non restituisce al consumatore le informazioni necessarie a comprendere un tema cosi complesso e variegato. Al contrario, lo influenza a basare la scelta dei propri consumi su timori irrazionali e infondati, che sono dunque difficili da estirpare, benché confutabili da una lettura più attenta dei dati. Lo ha spiegato molto bene la Prof. Guendalina Graffigna, Ordinario di psicologia dei consumi, in questo suo intervento a margine del convegno “Olio di palma: tra false credenze e paure degli Italiani” svoltosi presso il Campus di Cremona dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Sul portale Agriscienza.it la vicenda dell’olio di palma viene infatti descritta come una delle più interessanti case history dell’ultimo decennio, perché è la dimostrazione pratica che di fronte alla manipolazione dell’opinione pubblica poco può fare la corretta informazione.
Che si sia trattato di una campagna di demonizzazione basata prevalentemente su fake news a favore di interessi commerciali del resto è ormai chiaro per tutti. La RAI stessa, nella puntata “La bufala è servita – Disinformazione sul cibo” della serie “Pillole contro la disinformazione”, sottolinea proprio questo e parla di “battaglie ideologiche e commerciali” con riferimento all’olio di palma, raccomandando ai consumatori di fare attenzione e di informarsi sempre presso fonti ufficiali e attendibili.
A dissipare gli ultimi dubbi sul presunto impatto negativo dell’olio di palma sulla salute, è recentemente intervenuta anche la trasmissione Unomattina che ha trattato il tema del claim “senza olio di palma” nella puntata del 12 gennaio 2023 intervistando due autorevoli esperti: il prof.Alberto Villani (Pediatra, Ospedale Bambin Gesù) ed il Prof. Sebastiano Banni (Fisiologo, Università di Cagliari).
Il messaggio è stato molto chiaro: la letteratura scientifica ha dimostrato che l’olio di palma è un olio sicuro e sano che può essere consumato con tranquillità sempre nell’ambito di una dieta bilanciata. L’acido palmitico è naturalmente presente nel latte materno, dove ha una funzione fisiologica essenziale. I prodotti “senza olio di palma” non sono necessariamente da preferire.