Come nutrire la popolazione in continua crescita in modo sostenibile ? Come assicurare un corretta alimentazione che sia al tempo stesso salutare, accessibile e rispettosa dell’ambiente ? Queste sono alcuni degli interrogativi ai quali si propone di rispondere il Sustainable Nutrition Scientific Board – SNSB, un gruppo indipendente di ricercatori ed esperti internazionali, formatosi qualche mese fa e annunciato pubblicamente lo scorso 12 giugno in occasione del simposio virtuale “Nutrizione, salute, sostenibilità verso il 2050: la necessità di un approccio integrato“.
Il SNSB ha l’obiettivo di fornire raccomandazioni in grado di stimolare un cambiamento positivo nelle catene di approvvigionamento dell’industria alimentare ed orientare i comportamenti e le scelte dei consumatori verso diete sostenibili, con un approccio interdisciplinare e metodologie di ricerca innovative, utilizzando i big data e l’intelligenza artificiale.
Il Board, presieduto da Arne Astrup, Capo del Dipartimento di Nutrizione, Esercizio e Sport dell’Università di Copenaghen e internazionalmente riconosciuto tra i massimi esperti in nutrizione e obesità, vede tra i propri componenti anche tre italiani: il prof. Mario Rasetti, esperto di big data (Politecnico di Torino); il Prof. Mannuccio Mannucci, esperto sugli effetti dell’inquinamento ambientale sulla salute e sulle malattie (Università degli Studi di Milano) e la prof.ssa Stefania Boccia, esperta in sanità pubblica ed epidemiologia (Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma).
Lo scorso 14 ottobre, nell’ambito del 16° Congresso Mondiale sulla Salute Pubblica, il Sustainable Nutrition Scientific Board ha organizzato un World Leadership Dialogue dal titolo “Sustainable Nutrition: a World Top Priority” in occasione del quale sono intervenuti alcuni membri del Board – il Prof. Olivier Jolliet, il Prof. Arne Astrup, la Prof.ssa Stefania Boccia – ed il Prof. Sebastiano Banni. Si è trattato del secondo intervento pubblico del SNSB dopo quello dello scorso 12 giugno, e in questa occasione si è voluto approfondire in particolare il ruolo dei grassi saturi in un modello di nutrizione sostenibile. In questo primo anno di attività il SNSB è infatti impegnato a studiare in particolare la filiera dei grassi alimentari dal punto di vista nutrizionale, ambientale e socio-economico.
La sessione si è aperta con l’intervento della Prof. Stefania Boccia, membro del SNSB ed esperta in prevenzione ed epidemiologia, che prendendo spunto dall’attuale pandemia di Covid-19 e da altre malattie infettive emergenti, ha ricordato gli stretti legami che sussistono tra la salute umana, animale e ambientale e l’urgente necessità di affrontarli in modo olistico. La professoressa Boccia ha illustrato i benefici personali e socioeconomici di una transizione da un approccio alla nutrizione di tipo “one size fits all” a un modello personalizzato che faccia leva anche sulle nuove tecnologie.
Il Prof. Arne Astrup, presidente di SNSB, tra i principali esperti in materia di nutrizione e salute, ha messo in discussione le raccomandazioni di limitare l’assunzione degli acidi grassi saturi alimentari (SFA), incluso l’olio di palma, che persistono nonostante sempre più numerose evidenze dimostrino il contrario. Alla base dell’analisi vi sono prove crescenti che i grassi saturi da soli non aumentano il rischio di contrarre malattie cardiovascolari, come pure la considerazione generale che non sia possibile prevedere gli effetti degli alimenti sulla salute senza tenere conto di fattori quali la matrice alimentare, la composizione dei pasti e la distribuzione dei macronutrienti. Nella sua relazione ha citato i risultati di numerosi recenti studi che dimostrano che i grassi saturi hanno una incidenza minima sull’aumento del colesterolo, obesità e diabete e sindromi metaboliche, mettendo in discussione tutte le teorie scientifiche precedenti, che identificavano i grassi saturi come i nemici principali della nostra salute. Astrup afferma che sarebbe opportuno rivedere le linee guida internazionali riabilitando il ruolo dei grassi saturi e sottolineando che non tutti i grassi saturi sono uguali, citando l’olio di palma come esempio di alimento ingiustamente demonizzato nonostante le sue numerose proprietà benefiche per la salute (insaturi, vitamine, omega) ed il suo minor impatto ambientale dovuto alla sua origine vegetale.
Stefano Banni, professore di fisiologia molecolare all’Università di Cagliari è infine intervenuto per chiarire perché la crociata contro l’acido palmitico non ha senso e non c’è alcun motivo di eliminarlo dalla nostra dieta. Il Prof. Banni ha ricordato che l’acido palmitico, è l’acido grasso più diffuso in natura, ed è presente in molti alimenti e nell’organismo di tutti i mammiferi. Nel corpo umano è l’acido grasso più importante (circa il 20-30% del totale di quelli presenti nel nostro organismo, circa 3,5 kg in un uomo di 70 kg) e di conseguenza è parte integrante del nostro equilibrio strutturale a prescindere dalla dieta, con la quale si introducono mediamente appena 20g al giorno circa. Il fatto stesso che il nostro corpo stesso sia in grado di produrlo in modo endogeno ne dimostra l’importanza dal punto di vista fisiologico.
Innanzitutto – ha spiega l’esperto – l’acido palmitico è un componente fondamentale delle nostre membrane cellulari e degli alveoli polmonari e svolge un ruolo chiave a livello anti infiammatorio e neuro protettivo. Alla luce di questi elementi possiamo in definitiva considerare l’acido palmitico un elemento tanto importante quanto non sostituibile, tanto è vero che è presente in elevate quantità anche nel latte materno.
L’esperto sottolinea che gli effetti negativi sulla salute associati a un aumento anomalo dell’acido palmitico nei tessuti sono soprattutto legati all’aumento incontrollato della sua biosintesi endogena in relazione a specifiche condizioni metaboliche.
In conclusione, se davvero si vuole costruire una nuova concezione di alimentazione in chiave sostenibile, cercando di soddisfare i bisogni globali senza minacciare le risorse a nostra disposizione, il primo passo – come ha osservato Arne Astrup – è quello di fondare le raccomandazioni in campo alimentare su reali evidenze scientifiche.